Le recenti dichiarazioni della ministra Moratti sull'esposizione dei crocifissi in tutte le aule
scolastiche è emblematica dell'irresponsabilità di questa maggioranza, disposta evidentemente a far
leva anche sui rigurgiti più irrazionali della popolazione per mantenere e incrementare i consensi.
Nei decenni precedenti si era avviato su questo terreno un percorso inverso.
Grazie alla lucida razionalità di alcuni cittadini era stato rivendicato il rispetto dei principi
costituzionali che, ammettendo l'uguaglianza di tutte le confessioni religiose (art.8 Cost.) e il
diritto alla pari dignità dei cittadini credenti e non credenti (art.3 Cost.), non potevano consentire
l'esposizione del simbolo della religione cattolica nei luoghi pubblici; esposizione compatibile invece
col vecchio Statuto albertino che considerava la religione cattolica “la sola religione dello Stato
italiano”.
Naturalmente non si è trattato di un cammino facile, poiché la presenza del crocifisso un po' dovunque
fa parte di quelle abitudini inveterate sulle quali non si è mai riflettuto e dalle quali non si è
mai pensato di staccarsi.
A tutt'oggi si può ammirare nel gabbiotto della Polizia di Stato presso l'ingresso della Metro di
Stazione Termini, a Roma, un crocifisso accanto all'immagine di Padre Pio e alle bandiere italiana
ed europea; e, fino al recente restauro, un grande crocifisso troneggiava nell'aula della Corte Costituzionale.
Eppure qualche risultato importante è stato raggiunto: la tenacia di quei pochi meritevoli cittadini
ha superato l'ambiguo parere della sez.
II del Consiglio di Stato n. 63/1988 fino ad ottenere le due sentenze della Corte di Cassazione del
1998 e del 2000, delle quali la più recente afferma inequivocabilmente l'abrogazione di tutte le norme
precedenti sulla facoltà-obbligo di introdurre il crocifisso negli uffici pubblici, scuole comprese.
Nel frattempo, in numerose scuole e altre pubbliche istituzioni, si è proceduto senza polemiche -
in nome di un sano pragmatismo - alla non ricollocazione dei crocifissi dopo i restauri o le tinteggiature
dei locali.
Quelli precedentemente esposti erano andati perduti, e, quanto a ricomprarne di nuovi, chi ci pensava?
Ci ha pensato, invece, due anni fa il popolo leghista in chiave squallidamente xenofoba e razzista.
Il Consiglio Provinciale di Verona in un primo tempo ha sollecitato i capi d'istituto a esporre il crocifisso nelle aule “come simbolo dell'identità del nostro popolo” contro “l'invadenza islamica” e, successivamente, ha deliberato - dopo regolare bando d'asta - l'acquisto di n.1000 crocifissi di cm.30 al prezzo di L.3000 cadauno da inviare alle scuole della provincia. L'iniziativa è piaciuta ai colleghi del Polo di altre regioni ed è stata imitata da varie amministrazioni locali.
A Roma, nello scorso mese di dicembre, il XX Municipio ha deliberato a maggioranza l'esposizione
dei crocifissi in tutti i luoghi pubblici del territorio circoscrizionale affermando solennemente
che “L'Europa che vogliamo è quella di Carlo Magno e di Goffredo di Buglione”.
Ultima, la Moratti con la sua recente dichiarazione di volere far esporre il crocifisso in tutte le
aule scolastiche; un atto che ignora la Costituzione, le sentenze della Corte Costituzionale e della
Corte di Cassazione (per un ministro della Repubblica, un fatto di una gravità senza precedenti).
Per compiacere una parte della coalizione (e nel frattempo sottrarle consensi a proprio favore) la
ministra non ha esitato a innescare un assurdo e sterile conflitto, non già - o non solo - tra cattolici
e islamici, ma all'interno dello stesso mondo cattolico.
Basta leggere i giornali, ascoltare le trasmissioni radiofoniche, i commenti in autobus, per rendersene
conto.
Il giornale “Padania” invita i genitori e gli studenti che si trovino in aule prive del crocifisso
a denunciare immediatamente il capo d'istituto.
Che il crocifisso venga usato come spada contro gli infedeli non è azione condivisa da molti cattolici,
ma d'altronde all'interno di questo variegatissimo mondo molti ritengono che il crocifisso debba (?)
possa (?) stare nei luoghi pubblici in quanto simbolo universale della sofferenza e della civiltà
su cui si è formata la cultura del nostro popolo…….
Questo tipo di argomentazioni rischia di portarci fuori strada.
Credo che i punti su cui si debba fare chiarezza siano essenzialmente questi:
Non dobbiamo, insomma, confondere il potere esercitato dalla Chiesa Cattolica,
incuneata nel territorio dell'Italia, con la varietà delle culture che hanno dato luogo nei secoli alla
formazione di diverse sensibilità, fedi religiose, idealità politiche, visioni artistiche che hanno
tutte diritto a non essere semplicisticamente unificate sotto il segno della croce.
Questo afferma la
nostra Costituzione democratica e questo, penso, debba essere il livello di ragionamento recepito da
sempre più vasti strati della popolazione.
Se l'inopinata dichiarazione della ministra Moratti riuscisse
a provocare una diffusa riflessione sulla libertà di coscienza, sull'ingiusta prevaricazione di una
fede religiosa, sul rispetto delle culture, sul concetto di laicità, beh, allora potremmo dire che l'intenzione
dell'autrice si è trasformata in un autentico boomerang e in un momento di crescita della nostra società.