"D'Alema studia da presidente del Consiglio'', dicevano i maliziosi
qualche anno fa, a proposito delle sue clamorose e frequenti prese di
posizione di destra, specialmente quelle in favore della religione
cattolica, della chiesa e del papa. E avevano perfettamente ragione,
tant'è vero che uno dei suoi primi atti di capo del governo fu quello di
recarsi in Vaticano con tanto di famiglia al seguito per inchinarsi come
un baciapile al cospetto di Wojtyla. E oggi, cosa si dovrebbe dire di lui,
che "studia per gli esami di riparazione''? Sì, perché il capofila dei
rinnegati del comunismo era in Piazza San Pietro tra i vip della politica
e dell'alta società invitati a presenziare alla fastosa cerimonia di
canonizzazione del capo dell'Opus Dei, Escrivà de
Balaguer.
Evidentemente in Vaticano si sono ricordati di lui e della
sua politica di apertura alle pressioni della chiesa per i finanziamenti e
la parità di diritti alle scuole private, nonché della sua politica
familistica di stampo mussoliniano-cattolico, e gli hanno voluto concedere
altro credito per un suo eventuale reimpiego futuro come cavallo di
riserva della classe dominante borghese. Ecco perché D'Alema era presente
alla santificazione del prete prediletto della borghesia reazionaria,
accanto al sindaco di Roma Veltroni, al presidente della Camera Casini e a
mezza compagine governativa capeggiata dal fascista Fini, nonché potentati
delle istituzioni, della finanza e della politica, cattolica e non, del
calibro di Romiti, Fazio, Bernabei, Andreotti, Cossiga, Rutelli, l'editore
Leonardo Mondadori, i segretari della Cisl, Pezzotta, e della Uil,
Angeletti, il Ct della nazionale di calcio, Trapattoni, l'ex manager Fiat,
Ghidella, ecc.
C'è da dire che il capofila dei rinnegati era in buona
compagnia, essendo presente in Vaticano anche uno dei suoi avversari più
importanti all'interno della Quercia, il "sinistro'' Cesare Salvi. Sarebbe
curioso sapere a che titolo, ma tant'è, pare proprio che Escrivà abbia
molti ammiratori nella "sinistra'' borghese; lo ha confessato per esempio
anche Bertinotti. Comunque, volendo, D'Alema avrebbe potuto limitarsi a
partecipare in quanto ex presidente del Consiglio, punto e basta. Invece
ha voluto rimarcare che la sua non è stata una semplice presenza di
etichetta, ma qualcosa di più, un vero e proprio tributo al neosanto
franchista e anticomunista e alla chiesa cattolica: "Questa canonizzazione
- ha dichiarato infatti tutto compunto D'Alema - è un grandissimo evento
che non può passare inosservato. Ho accettato l'invito per questo e non
solo. Sono qui, infatti, anche per il rispetto che si deve alla Chiesa
cattolica, alle sue istituzioni, alla sua storia, ai suoi testimoni, ai
suoi simboli: ed il nuovo santo Escrivà de Balaguer è certamente uno di
questi''.
Un panegirico così disgustoso non poteva che venire da un
rinnegato del suo calibro, in quanto ce ne vuole di faccia di bronzo per
esaltare un campione della chiesa più classista, oscurantista e
reazionaria, un anticomunista storico, un sostenitore e complice del
franchismo, nonché ammiratore di Hitler e di Pinochet, come il fondatore
dell'Opus Dei. Nato in Spagna nel 1902 da una famiglia di ascendenze
aristocratiche, Josemaria Escrivà de Balaguer fondò infatti l'Opus Dei nel
1928 come una setta religiosa integralista e semisegreta, con uno spiccato
carattere di classe, affiliando direttamente esponenti dell'alta e media
borghesia spagnola, e perfino aristocratici, che è divenuta in breve tempo
una potente "massoneria bianca'' capace di influire pesantemente nella
situazione economica, politica e culturale iberica.
Decisivo fu il suo
appoggio al dittatore fascista portoghese Salazar e soprattutto al
golpista e massacratore Franco, del cui partito fascista della falange fu
praticamente il braccio spirituale. Dalla penisola iberica l'Opus Dei si è
poi allargata e radicata in tutto il mondo, soprattutto nelle nazioni di
lingua ispanica. Oggi conta 84mila membri, di cui solo il 2 per cento
preti. Così si spiega la grande affluenza di "pelle-grini'', per la
maggior parte delle classi più agiate di numerosi paesi accorsi a Roma
alla sua canonizzazione.
Nel dopoguerra l'Opus Dei si insediò a Roma e
da lì esercitò una forte influenza negli affari vaticani, divenendo un
elemento decisivo nell'elezione dei papi, una vera e propria chiesa nella
chiesa. Si dice che la santificazione di Escrivà sia una "cam-biale'' che
Wojtyla ha voluto pagare all'Opus Dei per la sua elezione a
pontefice.
Secondo quanto riferito a "Newsweek'' da padre Vladimir
Feltzmann, membro dell'Opus Dei per 22 anni e traduttore di Escrivà in
cecoslovacco, egli e il suo successore mons. Alvaro del Portillo furono
fieri oppositori del Concilio vaticano II. Feltzmann riferisce che Escrivà
giustificava in parte Hitler e minimizzava l'olocausto, perché Hitler,
avendo aiutato Franco, aveva salvato il cristianesimo in Spagna. Per
Escrivà non bisognava dire "Hitler contro gli ebrei, Hitler contro gli
slavi'', bensì "Hitler contro il comunismo''. Sempre per lo stesso motivo,
l'anticomunismo, Escrivà si dichiarava anche ammiratore del massacratore
cileno Pinochet.
Non è certo pensabile che tutte queste cose D'Alema
non le sapesse, quindi la sua presenza alla cerimonia, e ancor più le sue
dichiarazioni, hanno un significato intenzionale e grave al tempo stesso.
Se n'è accorto per esempio lo scrittore Antonio Tabucchi, che in un
articolo per il quotidiano spagnolo "El Pais'', ha criticato D'Alema per
aver espresso ammirazione a un "collaboratore del dittatore fascista
Franco e apologeta del massacratore Pinochet''. Il dittatore cileno,
scrive Tabucchi, "era indubbiamente un uomo che andava a messa, ma faceva
fucilare in massa senza estrema unzione. Anche Francisco Franco: in Spagna
si stanno ancora cercando trentamila persone sepolte in fosse comuni
fucilate a guerra civile finita perché erano fedeli alla repubblica
parlamentare che Franco aggredì. Le operazioni di scavo, cominciate questa
estate nelle Asturie, sono ancora in corso. Non so se in Italia la
noti-zia sia giunta, ma presumo che il politico D'Alema lo
sappia''.
Peraltro è assai significativo che mentre fioccano le
critiche da sinistra (anche Gianni Vattimo e Paolo Flores D'Arcais hanno
attaccato D'Alema con considerazioni simili a quelle di Tabucchi) in
difesa del capofila dei rinnegati si siano schierati solo berlusconiani e
neofascisti, come l'ex viceministro Vittorio Sgarbi e l'editorialista de
"il Giornale'' Antonio Socci.