Umberto I fu ucciso a Monza il 29 luglio di 99 anni fa:
un anarchico gli sparò tre colpi di pistola

Quando Gaetano Bresci fece "giustizia"

Il re aveva premiato Bava Beccaris per aver sedato una rivolta nel sangue

Monza, 29 luglio 1900. Sono da poco passate le 22 e trenta, quando tre colpi di pistola mettono fine alla vita del sovrano d'Italia, re Umberto I di Savoia.
L'autore del gesto, Gaetano Bresci, era un anarchico di origine toscana.
Era arrivato appositamente dagli Stati Uniti, e precisamente da Paterson, un sobborgo di New York pieno di immigrati e spiantati.
Gente fuggita un po'' da ogni paese di quell'Europa borghese e fiorente di industrie il cui apparente aspetto lucido e patinato non faceva certo fede della reale condizione di centinaia e centinaia di migliaia di persone che della cosiddetta "rivoluzione industriale" erano le ruote motrici.
Quella forza lavoro muta e sudata che viveva rinchiusa nei quartieri operai a ridosso della fabbriche, in condizioni igieniche sovente spaventose, decimata dalle malattie e sfruttata fino al midollo secondo la logica del profitto spinto all'eccesso.
Quella forza lavoro che permetteva ai nobili e ai ricchi borghesi di esercitare il potere e di continuare la propria esistenza oziosa e paludata, fatta da interminabili cene nell'alta società e di vacui salotti mondani. Bresci era giunto a Monza con la chiara intenzione di imitare i suoi "predecessori" che negli ultimi mesi avevano attentato con successo alla vita del presidente francese Sadi Carnot e dell'imperatrice Elisabetta d'Austria, membri di spicco della vita politica aristocratica e borghese accusati di essere parte di una classe di "sfruttatori" e di tiranni.
A Paterson aveva conosciuto Errico Malatesta, esponente di spicco dell'anarchismo italiano e internazionale, che aveva criticato più volte in modo virulento dalle colonne del giornale "La Questione sociale" la politica savoiarda del "massacro" operato a danno delle classi sociali più deboli, trattate come carne da macello e sfruttate senza ritegno.
In particolare, sotto accusa c'erano state le "inutili carneficine" in Abissinia che non rispondevano ad alcuna logica se non a quella di voler a tutti i costi gareggiare con gli altri Paesi europei come l'Inghilterra, la Francia e la Germania che avevano un cospicuo impero coloniale.
Affetta da perenni complessi di inferiorità, l'Italia, a differenza degli altri Stati, non ne aveva i mezzi, e diventò lo zimbello dell'Europa col suo velleitario "colonialismo straccione", che si concluse degnamente ad Adua con il massacro di centinaia di uomini e una figuraccia storica.
Nel mirino delle arringhe di Malatesta c'era, in particolare, un fatto che aveva sconvolto l'opinione pubblica e di cui lo stesso Bresci era venuto a conoscenza: la rivolta che i milanesi avevano attuato nel maggio 1898 contro il caro-vita e l'aumento del prezzo dei generi di prima necessità (soprattutto del pane) decretato dal governo e conclusasi in un bagno di sangue.
Almeno cento persone erano morte e oltre 400 erano state ferite sotto le cannonate e i colpi di schioppo sparati dai gendarmi comandati dal generale Bava Beccaris, il quale, dopo aver "ristabilito l'ordine", era stato insignito dallo stesso re Umberto I della croce di grand'ufficile dell'Ordine militare di Savoia ed era stato addirittura nominato senatore del Regno per il servizio reso alle istituzioni. Gaetano Bresci, partì così dagli Stati Uniti per vendicare l'eccidio colpendo il suo mandante morale, il re d'Italia.
Attese il momento opportuno, una serata di mezza estate nella quale il sovrano si era recato in visita, a pochi passi dalla sua residenza monzese, al gruppo di atleti della società ginnica "Forti e Liberi".
Memore di un analogo tentativo fallito tre anni prima da parte di un altro anarchico, Pietro Acciarrito, il Bresci si mescolò alla folla che circondava la carrozza reale, e premette per tre volte il grilletto.
Era la fine di un altro sovrano simbolo di una società ormai in irreversibile decadenza, una società incapace di rinnovarsi e fine a se stessa, che di lì a qualche anno sarebbe stata tragicamente investita - fattore scatenante un altro attentato illustre - dai bagliori del primo conflitto mondiale.
Elena Percivaldi
Milano, 30 luglio 1999
da "La Padania"