Tanto tortuose e, spesso, approssimative sono le riletture della storia da invertire episodi chiave della responsabilità del fascismo in improbabili testimonianze di revanchismo nostalgico. Così, con un colpo di bacchetta magica, il sacrificio di 17mila italiani mandati allo sbaraglio nella battaglia di El Alamein - con scarsi equipaggiamenti, munizioni insufficienti, lontani dalle basi di rifornimento - diventa il pretesto per trasformare quelle morti in un tributo di eroismo alla guerra patriottica di Mussolini.
La prima fase dei combattimenti si svolge nel mese di luglio del 1942. L'esercito italiano ha già
dato segni di impreparazione e di inadeguato sostegno bellico, al punto che Mussolini si trova costretto
- al di là dei proclami trionfalistici - ad accettare l'aiuto dei tedeschi e l'invio delle truppe
guidate dal generale Erwin Rommel.
Le operazioni in Africa settentrionale impegnano i soldati italiani fin dal momento della dichiarazione
di guerra del regime fascista contro Francia e Inghilterra, il 10 giugno 1940. Sotto il comando di
Rodolfo Graziani, male armati e poco organizzati, si spingono tuttavia in un'offensiva fino a novanta
chilometri dalla frontiera egiziana, a Sidi-el-Barrani. Il contrattacco inglese, appoggiato da mezzi
corazzati e da un'aviazione senza confronti, non si fa attendere.
Le divisioni italiane sono travolte e costrette a cedere terreno, arretrando fin oltre la Cirenaica.
Nel frattempo, le sorti militari dell'Italia nel conflitto non vanno meglio negli altri fronti. Tanto
vistosa è l'impreparazione bellica - spavaldamente minimizzata da Mussolini - che il regime deve trasferire
uomini e mezzi in Grecia. Da questo momento i soldati italiani si trovano a combattere al fianco dell'armata
nazista di Rommel, totalmente corazzata e meccanizzata, passata agli archivi di storia militare con
il nome di Afrikakorps.
Il generale tedesco lancia le truppe in una serie di attacchi in profondità per scardinare le fortificazioni
inglesi di El Alamein. Morte, febbre, dissenteria, sete diventano lo scenario quotidiano dei soldati
italiani. Dall'altra parte, il comandante inglese Claude Aunchinlek risponde attirando le forze dell'Asse
a Deir el Shein, in un varco tra divisioni sudafricane e la nona brigata indiana, e ed attaccandoli
da entrambi i lati. Per i tedeschi le perdite sono ingenti. Rommel tenta una manovra di accerchiamento
aggirando a nord lo schieramento nemico, ma il piano fallisce.
Durante i combattimenti viene annientata la divisione corazzata italiana "Ariete". Il 4 luglio arriva
una tregua temporanea e, contemporaneamente, la notizia dell'ingresso in guerra dell'America. La situazione
si inverte, con gli inglesi che provano l'offensiva e i tedeschi sulla difensiva - impegnati anche
a coprire le falle dell'esercito italiano. Ciononostante, lo sfondamento inglese non avviene e, alla
fine del mese di luglio, le operazioni militari entrano in fase di stallo, con i due eserciti occupati
a riorganizzarsi. Italiani e tedeschi sono alle prese soprattutto con i problemi di rifornimento di
benzina.
Nel Mediterraneo la supremazia navale britannica è così preponderante da intercettare e distruggere
la gran parte dei piroscafi italiani. Nel suo diario Rommel lamenta che i fusti arrivano dall'Italia
pieni per due terzi d'acqua. Diversa è la situazione nell'esercito inglese, servito dai rifornimenti
che arrivano dal canale di Suez - dove le navi approdano dopo aver compiuto l'intero periplo dell'Africa.
E' nel comando, invece, che c'è il cambiamento più rilevante. Churchill sostituisce Auchinleck che
pure ha arrestato l'offensiva dell'Afrikakorps, con Harold Alexander, come comandante del Medio Oriente.
A capo dell'ottava armata viene nominato Bernard L. Montgomery.
La seconda battaglia di El Alamein inizia il 23 ottobre e si concentra nell'arco di pochi giorni, fino al novembre 1942. Rommel e Montgomery si fronteggiano in uno scontro che impegna non solo gli eserciti, ma anche i servizi segreti e le forze di spionaggio, intenti a scoprire i codici di comunicazione, ognuno del proprio avversario. L'ottava armata britannica conta 220mila uomini contro i 96mila dell'Afrikakorps. Sulla linea del fronte sono disposte, per gli italiani, a nord le divisioni di fanteria "Trento", "Bologna" e "Brescia", a sud i paracadutisti della "Folgore" e, alle spalle, la divisione "Pavia".
Montgomery sceglie di attaccare a nord, nel tratto più debole, vale a dire nel settore tenuto dai soldati della "Trento", in pessime condizioni di armamento. Il generale inglese fa prima una finta a sud. Si avvale persino di uno sceneggiatore cinematografico per confondere le idee ai nemici. La battaglia comincia alle 21.40 del 23 ottobre 1942: i cannoni inglesi aprono il fuoco. Dopo venti minuti entrano in azione gli uomini con le divisioni corazzate, sotto il riparo costante del fuoco. L'altura di Kidney Ridge è lo scenario d'una battaglia furiosa con le divisioni corazzate nemiche, la 15a tedesca e l"'Ariete" italiana, lanciata quest'ultima in un disperato contrattacco. A fianco dell'alleato nazista i soldati italiani muoiono come carne da macello. I morti vengono utilizzati da Rommel per guadagnare tempo e concentra le forze corazzate nel settore decisivo. Un gran numero di carri armati inglesi è distrutto.
La
sera del 28 arriva il momento culminante. Montgomery dà disposizioni per lo sfondamento decisivo (operazione
"Supercharge", ovvero colpo d'ariete): «Mentre Rommel - sono le sue parole - era così duramente impegnato
e dava fondo alle ultime formazioni fresche che gli rimanevano nel tentativo di disimpegnare un solo
reggimento noi fummo in grado di completare senza essere disturbati la riorganizzazione delle nostre
forze». Le sorti della battaglia sono decise. Nella notte tra il primo e il due novembre le brigate
britanniche, insieme alla divisione neozelandese, sfondano il sistema di difesa nemico. Logica vorrebbe
che i tedeschi si ritirino, ma il 3 novembre arriva l'ordine perentorio di Hitler che inchioda l'Afrikakorps
sul posto a farsi uccidere. Nell'assurda logica della guerra nazifascista cadono migliaia di italiani,
vittime di un conflitto a loro sovraordinato.
Ultimi ad abbandonare il campo quelli della Folgore, immolati in una guerra che se l'Asse avesse vinto,
avrebbe imposto al mondo un dominio barbarico.
Sulla morte si gioca l'ennesimo tentativo di rilettura della storia, di riabilitazione del conflitto
nazifascista. Ne è un esempio il servizio mandato in onda dal Tg1 l'altro ieri che metteva sullo stesso
piano le forze confliggenti: «Tutti sono andati in Africa per conquistare qualche colonia... Quindi
ad El Alamein nessuno può in coscienza dire di stare esattamente dalla parte giusta».
E' così che oggi quei morti rischiano di essere nuovamente strumentalizzati in nome dell'assurda guerra
fascista.