Loi è stato testimone di quanto avvenne in piazza Loreto il 10 agosto 1944
dove furono fucilati per rappresaglia dalle Brigate Nere, 15 partigiani e i
loro cadaveri lasciati sul marciapiede.
Così avrebbe raccontato il poeta molti anni dopo: "C'erano molti corpi
gettati sul marciapiede, contro lo steccato, qualche manifesto di teatro, la
Gazzetta del Sorriso, cartelli , banditi! Banditi catturati con le armi in
pugno! Attorno la gente muta, il sole caldo. Quando arrivai a vederli fu
come una vertigine: scarpe, mani, braccia, calze sporche.(....) ai miei
occhi di bambino era una cosa inaudita: uomini gettati sul marciapiede come
spazzatura e altri uomini, giovani vestiti di nero, che sembravano fare. la
guardia armati!"
Personalmente avrei voluto che la piazza venisse ricordata solo per questo
atto di barbarie fascista, i morti Partigiani non meritavano la
contaminazione con i loro assassini.
Ma così gli uomini hanno voluto.
A volte la passione e l'odio non sono buoni consiglieri, la scelta che fu fatta ha lasciato un brutto
ricordo, perchè "la violenza sporca chi la usa", ma anche in questo caso la colpa è di chi per primo
l'ha usata.
piassa Luret, serva del Titanus | piazza Loreto, dominata dal Titanus |
...piassa Luret, serva del Titanus ti', verta, me na man da la Pell morta i gent che passa par j a vör tuccà, e là, a la steccada che se sterla, sota la colla di manifest strasciâ, l'è là che riden, là, che la gent surda la streng i gamb, e la vurìss sigà. Genta punciva che la se smangia 'doss, che la ravìscia ai pè, cume quj trémul che, 'rent al giüss, se sviccen vers el ciar e sott la rùsca passa la furmiga che l'è terrur e rabbia e sbalurdur. E lì, bej 'nsavunâ, dal pel rasà, senta süj cass de legn, o, 'm'i ganassa, ranfiâ, ch'i sten par téndcr caressà, o che, tra n' rid e un dìss üsmen cress j ödi de la camisa nera i carimà, vün füma, n òlter pissa, un ters saracca, e 'n crìbben, cui sò fà de pien de merda, man rosa ai fianch el cerca j öcc nia... Oh genti milanes, vü, gent martana, tra 'n mezza nün 'na gianna la dà 'n piang, e l'è 'na féver che trema per la piassa c la smagriss i facc che morden bass. Ehi, tu...!... si tu!... che vuoi? Manca qualcosa? Mì...? Si, tu. e 'na magatel cul mitra sguang el ranfa per un brasc quèla che piang. Mi, sciur...? Tira su la testa ! e lentarnent, 'm rìd una püciànna, i òcc gaggin sbiàven int j òcc ch'amur je fa murì, pö, carmu, 'na saracca sliffa secca tra i pé de pulver, e sfrisa 'me 'na lama l'uggiada storta tra quj òmn scalfa, [....] |
...piazza Loreto, dominata dal Titanus tu, aperta, come una mano dalla pelle morta sembri voler toccare la gente che passa, e là, presso la staccionata sconnessa sotto la colla dei manifesti stracciati, è là che ridono, la, che la gente sorda stringe le gambe e vorrebbe gridare. Gente che pensa in silenzio che si smangia dentro, che mette le radici ai piedi, come quei tremolii che, presso al letame, si diramano verso la luce e sotto la corteccia passa la formica che è il terrore e la rabbia e lo sbalordimento. E li, ben lavati, con la barba rasata, seduti sulle casse di legno, o, come i più impudenti, attaccati alla staccionata, che sembrano accarezzare teneramente gli sten, o che tra il ridere e il parlare, annusano crescere gli odi gli occhi lividi delle camicie nere uno fuma, un altro piscia, un terzo sputa, e un delinquente, col suo modo di fare pieno di merda con le mani rosate sui fianchi cerca gli occhi che gli si negano... O gente milanese, voi, gente laboriosa, in mezzo a noi una povera donna scoppia a piangere, ed è una febbre che trema per la piazza e fa smagrire le facce che stringono i denti a testa bassa. Ehi tu...!...si tu!... che vuoi? Manca qualcosa? Io...? Si, tu, e un teppista col mitra puttana afferra per un braccio quella che piange. Io signore...?. Tira su la testa! e lentamente, come ride una baldracca, gli occhi bianchicci sbavano negli occhi che l'amore fa morire poi, calmo, tira secco uno sputo tra i piedi nella polvere, e graffia come una lama l'occhiata storta tra quegli uomini scorticati, [....] |
Nella poesia l'uso del dialetto - messo volutamente in contrasto con l'italiano del milite fascista - rappresenta anche il senso di appartenenza alla collettività di una Milano profondamente offesa dal massacro. Dal libro "Con la Violenza La Pietà" Antologia curata da Franco Fortini - Edizioni Interlinea |
I martiri di Piazzale Loreto | |
1944, olio su tela, cm 150 x 200, Galleria Nazionale d'Arte Moderna, Roma (da http://www.aligisassu.it)
|
Il dipinto, esposto alla mostra veneziana del 1952, la Biennale del realismo, dove venne acquistato dalla Galleria Nazionale d'Arte Moderna di Roma, ripropone una delle costanti tematiche di Sassu: la dialettica tra la resa della realtà contemporanea e l'attualizzazione del mito. Lo stesso artista ricorda: "Ho dipinto I martiri di Piazzale Loreto nell'agosto 1944, subito dopo aver visto il ludibrio che la canaglia repubblichina faceva dei corpi dei nostri fratelli. Eppure vi era in me, nel fuoco e nell'ansia che mi agitava, nel cercare di esprimere quello che avevo visto, una grande pace e non odio, ma una tristezza immensa per la lotta fratricida. Da quei corpi sanguinanti e inerti sorgeva un monito: pace, pace". |