A Firenze il 1° Forum alternativo mondiale.

Sorella acqua

Contro la globalizzazione capitalistica

Abbiamo deciso che il controvertice mondiale sull'acqua che si apre a Firenze doveva essere mantenuto come atto contro la guerra e per la pace. Tutte le ragioni per cui siamo qui oggi sono ragioni contro la guerra, che è guerra per il petrolio, ma anche, come ben sanno, purtroppo, kurdi e palestinesi, guerra per l'acqua, e per imporre con le armi il dominio dell'impero di fronte alla crisi della globalizzazione. Abbiamo sentito in questi giorni le cifre terribili per cui per più di un miliardo di persone non c'è accesso all'acqua adeguato e per milioni c'è la morte per le conseguenze della deprivazione di acqua salubre.
Ebbene a fronte di questi numeri, che sono persone in carne ed ossa, via via crescenti anno per anno a testimoniare il fallimento e le conseguenze nefaste della globalizzazione capitalistica, le politiche che vengono proposte e praticate dal Fmi, dalla Banca mondiale e dal Wto sono quelle della privatizzazione, di mettere a fiume e mari un lucchetto con scritto sopra "proprietà privata" avendo loro in mano le chiavi. E' la guerra economica e sociale che va di pari passo con la guerra militare. Per questo siamo a Firenze in alternativa a Kyoto dove si svolge un vertice inquinato dalle bramosie delle multinazionali.

Firenze lo abbiamo voluto e costruito come un appuntamento del movimento contro la globalizzazione capitalistica, ricco delle voci di chi soffre e di chi lotta per il diritto all'acqua.

Vuole dunque mettere in relazione le esperienze e contribuire a costruire una capacità di resistenza e di proposizione alternativa. Per noi diritto all'acqua e acqua come bene pubblico non privatizzabile sono facce della stessa medaglia. Mai come in questo caso la questione sociale e quella ambientale si intrecciano. L'acqua è uno dei grandi cicli ambientali che compone la vita e insieme la consente. Noi stesi siamo acqua in gran parte. Mari, fiumi e laghi e acquee sotterranee sono la circolazione arteriosa dei territori. La relazione con l'acqua è significante per definire civiltà o modelli sociali. E' stato così dal Tigri ed Eufrate, al Tevere, ai mulini ad acqua.

Noi possiamo usare una quota minima del ciclo, che risulta disponibile, ma che è o sarebbe sufficiente. Il punto è che la usiamo talmente male e ingiustamente da fare dell'acqua un vero dramma planetario.

Anzi, ancor più il nostro uso è distorto, ed è distorto l'insieme del modello capitalistico e della globalizzazione, che addirittura stiamo drasticamente compromettendo le risorse disponibili.

Effetto serra e cambiamenti climatici, inquinamenti, cementificazioni e desertificazioni dei territori, sprechi, accaparramenti e ruberie sono arrivati al punto di sconvolgere ciò che sarebbe per natura permanentemente rinnovabile fino a renderlo incerto.

L'acqua ci dice che ormai il capitalismo lungi dal mantenere le promesse di abbondanza produce ormai scarsità e cerca cinicamente di approfittare facendo delle privatizzazioni la leva del dominio estesa ormai a tutti i fattori vitali. Questo c'è in gioco con la volontà di inscrivere l'acqua nelle merci a disposizione del Wto e che viene proposta per Cancun. E questo dobbiamo impedire.

Purtroppo noi in Italia stiamo contribuendo non poco a questo processo. C'era e (c'è) una bella legge, la numero 183 del 1986, per la difesa del suolo, approvata finalmente dopo 24 anni da che la si impostò all'indomani dell'alluvione di Firenze, e che concepisce il governo del territorio fondato sui bacini idrografici, i fiumi, considerati l'elemento più strutturale della peculiarità geomorfologica italiana.

Il governo del territorio in Italia è difficile, tante e tali sono le speculazioni, le rendite, i cattivi poteri che prosperano sulle devastazioni.

Ebbene, invece che dar corso con questa legge a una nuova stagione di governo ambientale, ci si è affrettati a guardare all'acqua come bene industriale da mercificare. Così mentre la 183 parla di comitati di bacino democratici che sovraintendono alle scelte insediative e produttive, si preferisce dar luogo a Spa sempre meno pubbliche e sempre più private che vedono nell'acqua un business. Anzi si sarebbe pensato con un tragico articolo 35 della scorsa finanziaria votato dal centrodestra e dal centrosinistra insieme, di mettere tutto all'asta europea.

Ma che questo articolo sia in realtà non applicabile lo abbiamo già detto più volte. Ma il punto è che bisogna cambiare radicalmente strada e procedere all'inverso verso la ripubblicizazzione dell'acqua come bene comune inaleniabile da gestire democraticamente e ambientalmente. Gestione per bacini idrografici. Pubblica. Partecipata dalle autorità locali e dalle popolazioni. Che rimuove gli sprechi intervenendo su tutte le attività produttive. Che usa l'acqua potabile per bere e non per le imprese. Che ricicla e non disperde nelle reti. Che ha tariffe sociali ma punisce gli sprechi e tassa le acqua minerali. Che non va a privatizzare le acque del terzo mondo ma coopera a favorire le loro gestioni democratica e diretta. Insomma la politica della pace preventiva sempre e comunque contro la guerra.

Roberto Musacchio
Firenze, 20 marzo 2003
da "Liberazione"