Chi è l'ultimo a bruciarsi le dita con il
fiammifero acceso, passato di mano in mano ? Il Mezzogiorno,
naturalmente; la Basilicata, naturalmente, la zona considerata più
fragile, più disposta ad accettare qualsiasi cosa per pochi soldi.
Questa volta, dopo decenni di scelte insediative e produttive
sbagliate, dopo decenni di delusioni di progresso e di occupazione
mancati, il governo non trova di meglio che rifilare alla Basilicata
un deposito delle scorie radioattive più pericolose e tossiche,
quelle cosiddette di seconda a terza categoria.
Val forse la
pena ricordare che esistono in Italia 200.000 metri cubi di tali
rifiuti che devono essere tenuti segregati dall'ambiente per 20.000
anni (quelli di seconda categoria) e per 150.000 anni quelli di
terza categoria, altamente tossici e pericolosi. La loro
radioattività corrisponde a quella di 200.000 curie.
I dettagli
sul volume e sulla radioattività delle scorie da sistemare si
trovano nel sito Internet http://www.casaccia.enea.it/taskforce/
nella sezione "inventaro".
Il referendum del 1987 ha fermato, di fatto, la
costruzione delle centrali nucleari in Italia, ma è rimasta la coda
velenosa di quell'avventura che ha visto in funzione, fra il 1960 e
il 1985, quattro centrali; alla fine della loro vita "utile" (si fa
per dire) sono rimasti residui e scorie.
Materiali e scorie
radioattivi simili si sono formati, nei decenni passati, nei
reattori sperimentali, universitari, in quello segreto militare
(ex-Camen, ora Cisam) vicino Pisa.
Si aggiunga che l'Italia, nel
1969, con la sua mania di grandezza, si è offerta di trattare il
combustibile irraggiato di un reattore americano sbagliato, quello
di Elk River, che funzionava usando torio, chiuso dopo pochi anni;
del reattore ci siamo così tenuti a Trisaia le scorie radioattive.
Una parte del combustibile delle centrali nucleari
italiane abbandonate è stata inviata in Inghilterra per un primo
trattamento, ma per contratto le scorie devono tornare in Italia; in
Italia devono tornare anche le scorie dell'infelice reattore
francese Superphenix, chiuso dopo alcuni anni, alla cui costruzione
l'Italia aveva partecipato per un terzo del capitale e che quindi è
condannata a riprendersi un terzo delle scorie generate.
Ma per
tutte queste sconsiderate avventure nessuno paga mai ? Solo i
cittadini con le loro tasse, i cittadini di oggi e quelli del futuro
perché le scorie dei reattori rappresentano una eredità che lasciamo
alle generazioni future.
Dove metterle ? Una risposta non sono riusciti a trovarla né gli Stati uniti né la Germania, che pure hanno nel sottosuolo rocce e giacimenti geologicamente sicuri; i residui radioattivi, infatti, devono essere sepolti in modo da non venire a contatto con acque sotterranee e con nessuna forma di vita presente e futura per decine o centinaia di secoli; dopo 100.000 anni il plutonio, uno degli elementi presenti nel "combustibile" nucleare, emette ancora il 10 % della radioattività che aveva quando è stato estratto da un reattore.
Ed ecco che salta fuori la proposta di seppellire le scorie nucleari italiane più radioattive e più pericolose, proprio a Scanzano, in riva al Mare Jonio, in quella Basilicata, che, dopo essere stata inquinata dall'industria chimica, dalle discariche e dal centro nucleare di Trisaia, viene condannata ad accogliere lì vicino il "deposito nazionale" di tali scorie.
La scelta è sbagliata da tutti i punti di vista: la zona è interessata a grandi vie di comunicazioni ferroviarie e stradali, che uniscono la Puglia, la Basilicata e la Calabria all'Italia settentrionale, cioè all'Europa. La costa Jonica sta avviandosi faticosamente ad un futuro di sviluppo turistico, sfruttando le uniche risorse che possiede, delle spiagge ancora (abbastanza) in buono stato, un clima e un mare che potrebbero fare della riviera lucana un centro di attrazione turistica di valore europeo per metà dell'anno, grazie anche alle vicine risorse storiche e artistiche. Ma questi sono solo gli aspetti "economici" che verrebbero vanificati dal nuovo insediamento, la cui proposta è sbagliata anche dal punto di vista tecnico e scientifico.
Nel sottosuolo di Scanzano dovrebbe essere scavata una caverna della superficie di un ettaro, alta venti metri, in un giacimento di sale che si trova fra due strati di argilla: in via di principio se esiste un giacimento di sale, sostanza molto solubile in acqua, significa che esso dovrebbe offrire garanzia di isolamento dalle acque e dalla vita. Ma non è necessariamente così. I progetti di deposito permanente di scorie radioattive previsti per Yucca Mountain nel Nevada, negli Stati uniti (una caverna da scavare in un giacimento di rocce vulcaniche), e di Gorleben, in Germania (una caverna da scavare in un giacimento di sale), sono stati sottoposti per anni a lunghe inchieste pubbliche che li hanno bocciati. Nessuna informazione e controllo della popolazione è stato fatto per la decisione del cimitero radioattivo di Scanzano.
Credo che la gente di Basilicata, ma, direi, tutti gli italiani debbano chiedere con fermezza che non venga mossa neanche una scavatrice, neanche una matita, senza una vasta e dettagliata informazione della popolazione su quello che sta per arrivare, sul dissesto territoriale provocato da un cantiere che deve scavare una enorme caverna a ottocento metri di profondità, sulla movimentazione di centinaia di migliaia di tonnellate di materiale radioattivo, senza un accurato confronto su quello che è stato messo in evidenza nelle inchieste su Yucca Mountain e su Gorleben. E' necessario per evitare altri errori e dolori e costi futuri --- e per ricuperare democrazia. E si vedrà anche che del deposito di Scanzano non è proprio il caso di parlare.