Alfiero Grandi
Da qualche settimana un gruppo variegato di persone ha iniziato a discutere
partendo dalla comune convinzione di dovere considerare molto seriamente la decisione del Governo
- ora sanzionata dalla legge approvata all'inizio dello scorso agosto - di reintrodurre il nucleare
civile in Italia.
La legge approvata dalla destra afferma testualmente che l'Italia è impegnata alla «realizzazione
nel territorio nazionale di impianti di produzione di energia nucleare».
Il nucleare civile in Italia è un capitolo che dovrebbe essere chiuso da 20 anni, dopo un
referendum che fece capire a tutti che la maggioranza degli italiani non ne voleva sapere. La destra
ora vuole stracciare e ribaltare quel risultato.
In questi 20 anni i favorevoli alla reintroduzione del nucleare civile hanno - purtroppo - lavorato
con impegno, tanto che è incerto come la pensi oggi la maggioranza degli italiani.
La destra, interprete degli enormi interessi economici legati alla reintroduzione del nucleare in
Italia, sfida apertamente l'esito del referendum e vuole reintrodurlo in Italia, approfittando dell'andamento
nevrotico del mercato energetico e dei ritardi nella costruzione di un'alternativa credibile fondata
sulle energie rinnovabili.
Questo gruppo di persone si è oggi allargato e propone di assumere decisioni adeguate per
reagire alla decisione della destra, nella convinzione che la decisone di reagire va presa ora. La
gestione delle diverse fasi lascia più tempo per organizzare la risposta nel modo migliore
e più condiviso. Personalmente sono convinto che ad un certo punto dovrà essere adottata
anche la decisione di arrivare al referendum abrogativo della legge voluta dal Governo della destra.
Tuttavia questa decisione ora è prematura e questo gruppo in questa fase propone di dare vita,
sulla base di una piattaforma politica in corso di perfezionamento, alla costruzione di un Comitato
per il no al nucleare e per una politica energetica alternativa fondata sulle fonti rinnovabili,
sull'efficienza e sul risparmio.
La costruzione del Comitato nazionale è la conferma che questo è il momento per reagire
alla sfrontatezza della destra (purtroppo ha l'appoggio anche dell'Udc) ed è quindi necessario
dare un punto riferimento politico e sociale in grado di lavorare per organizzare una risposta politica
di massa.
Già
ora la destra è l'unico soggetto che ha preso la parola. Manca la voce di chi è contrario
e per una politica energetica alternativa.
Cosa dovremmo attendere ancora? La destra ha già deciso e il Governo entro la fine del 2008
con la legge in vigore, o al massimo entro giugno 2009, se verrà modificata la normativa,
indicherà i siti di localizzazione delle centrali nucleari da costruire in Italia. La reazione
contro il nucleare non può essere lasciata sulle spalle delle sole località che verranno
prescelte e tanto meno ci si può limitare a sperare che la destra non riuscirà a combinare
nulla.
Quindi occorre preparare subito le condizioni di informazione, di impegno scientifico, culturale,
sociale per costruire una risposta politica all'altezza della sfida lanciata dalla destra.
Non è vero che la decisione di reintrodurre il nucleare civile, complice la crisi energetica,
non ha alternative. Anche se nell'opinione pubblica è
diffusa la convinzione che il nucleare civile sia un male con cui occorre giocoforza convivere. Non è così.
Il nucleare nella migliore delle ipotesi richiede 10-12 anni per essere realizzato mentre il risparmio
energetico e le energie rinnovabili possono dare risultati importanti in tempi più brevi.
Il ben noto 20, 20, 20 è molto più
efficace del nucleare.
Inoltre la reintroduzione del nucleare civile in Italia ha costi enormi. Si parla di almeno 30 miliardi
di euro. E' chiaro che il nucleare civile finirebbe con l'assorbire tutte le risorse disponibili,
pubbliche e private, per interventi in campo energetico, a scapito delle altre scelte. Questo proprio
quando negli Stati Uniti Obama dichiara di puntare sulle fonti rinnovabili e promette su questa base
5 milioni di nuovi posti di lavoro di qualità.
Senza dimenticare che l'uranio è disponibile in quantità limitate, il suo prezzo sta
aumentando rapidamente e se ci fosse un aumento ulteriore della sua richiesta anche il suo prezzo
aumenterebbe e diventerebbe una fonte in esaurimento, più o meno come il petrolio.
Inoltre la decisione sul nucleare non può avere solo motivazioni economiche.
La priorità dovrebbe sempre essere la tutela della vita, la sua sicurezza e quindi non c'è dubbio
che il principio di precauzione ci dice che oggi sono irrisolti sia la questione dello smaltimento
delle scorie - irrisolta in tutto il mondo - sia la sicurezza del sistema di produzione dell'energia
nucleare - tanto più con le attuali tecnologie - di cui sono una spia i ripetuti incidenti
che hanno un'influenza più
o meno nefasta sulla salute dei cittadini.
Per fortuna non tutto è
a livello di Chernobil, ci mancherebbe. Tuttavia anche gli ultimi incidenti hanno creato seri problemi
alla salute e alla vita dei cittadini e all'ambiente. Il Governo dovrà pur dire alle popolazioni
locali quanta acqua occorre per le centrali, quale distanza di rispetto va garantita senza abitazioni
e cosa significa avere piani di evacuazione che finiranno con il coinvolgere territori enormi e a
volte città
Come minimo si dovrebbero attendere gli esiti degli studi su una nuova generazione di nucleare, che
richiedono ancora decenni e i cui esiti paradossalmente potrebbero dimostrare l'inutilità oltre
che l'arretratezza della decisione del Governo della destra.
La scelta sbagliata della destra va fermata.
Sinistra ed ambientalisti sono assenti dal parlamento e il Pd è purtroppo incerto e diviso.
Quindi non si può pensare di reagire contando granché
sulla battaglia parlamentare. Del resto il testo della legge della destra è passato senza
troppi strappi. Quindi chi non è d'accordo deve organizzare la risposta facendo conto sull'opinione
pubblica e questo richiede almeno 2 piani di intervento.
Il primo è la mobilitazione di tutte le intelligenze e capacità scientifiche che possono
contribuire in modo decisivo ad orientare un'opinione pubblica che oggi
è fin troppo confusa e divisa. In questo senso è importante la lettera - ingiustamente
poco nota - di 2000 scienziati e intellettuali in dissenso con la scelta del Governo.
Il secondo è individuare con chiarezza lo strumento della mobilitazione popolare come l'unico
modo per ribaltare la decisione già presa dalla destra. Non può bastare certo una raccolta
di firme. Occorre mobilitare Comuni e Regioni che si sono già dichiarati contrari, favorire
la costruzione di comitati e di iniziative nel territorio e quant'altro la fantasia suggerirà.
Del resto la destra teme solo l'opinione pubblica. Certo non bisogna sottovalutare le difficoltà attuali.
L'opinione pubblica è incerta, confusa e per questo costituire un Comitato che aiuti la promozione
di tutte le iniziative possibili nel territorio è un compito molto impegnativo ma anche esaltante
nell'interesse del nostro paese e del suo futuro, della qualità della sua vita. La presentazione
pubblica del costituendo Comitato nazionale dovrebbe avvenire il 15 novembre a con un'iniziativa
pubblica a Corso, scelto come luogo simbolico.
La sinistra deve impegnarsi nella costruzione di un largo e democratico movimento per il no al nucleare
e per una politica energetica alternativa, senza pretendere egemonie ma semmai comprendendo che processi
unitari reali al suo interno si realizzano solo nel fuoco di grandi battaglie comuni: politiche,
culturali, sociali, ecc. In questa ed altre battaglie concrete la sinistra può ritrovare -
insieme ad altri - se stessa.
Nei prossimi giorni, definito il documento politico fondativo, inizierà la raccolta delle
adesioni al costituendo Comitato nazionale che avrà lo scopo di favorire la crescita di un
movimento dei 1000 fiori, fortemente partecipato e democratico. Perché
deve essere chiaro che è in gioco anche un problema di democrazia. La destra vuole militarizzare
i siti energetici, nucleare compreso, e decidere tutto dall'alto in modo centralizzato. La risposta è
democrazia e partecipazione, fantasia e intelligenza diffusa sul territorio, uniti nel no al nucleare
e nel sì ad una politica energetica alternativa.