Alitalia - Malpensa - Linate

Una commedia di furbetti e facce toste pagano gli italiani, i lavoratori, il territorio.

I “padani” di tutte le tendenze non sanno più cosa inventare a beneficio dei loro elettori.

La vicenda Alitalia-Malpensa-Linate si è trasformata in una sorta di pochade, diretta e interpretata da Berlusconi, Formigoni, Letizia Moratti e Lega Nord.

Tutti dicono una cosa e fanno l’esatto opposto. Berlusconi, in nome dell’onore e della convenienza nazionale, bloccò la vendita a Air France predisposta dal governo Prodi. Ora – dopo mesi di spese enormi per scongiurare il fallimento – il governo è pronto a consegnare il controllo di Alitalia agli stessi francesi, ma con uno sconto di quasi il 90%.

I “padani” di tutte le tendenze non sanno più cosa inventare a beneficio dei loro elettori. Chiedono a gran voce la liberalizzazione degli slot, ma la liberalizzazione - parola del presidente Enac – c’è già. Si stracciano le vesti contro il ridimensionamento di Malpensa, ma sono gli stessi che hanno costruito il mega aeroporto senza un vero piano industriale, privo persino dei collegamenti col territorio.

E di fronte al fallimento totale del decantato “modello lombardo” - ieri con il collasso delle ferrovie, oggi di Malpensa -, Formigoni continua a chiamarsi fuori. Su giornali, radio e Tv ha la faccia tosta di dirsi “pronto a ribellarsi”. Del resto, prima di invocare la vendita di Alitalia a Lufthansa, non aveva ripetuto che il mercato e la società Cai dovevano essere liberi di decidere senza interferenze della politica?

Purtroppo gli unici beneficiari nostrani di questa recita sono i capitani poco coraggiosi ma molto furbetti guidati da Roberto Colaninno, che hanno rilevato la parte buona della compagnia di bandiera scaricando miliardi di debiti sulle spalle degli italiani e liberandosi di fastidiose responsabilità, come il mantenimento dei posti di lavoro.

Quando gli italiani si stancheranno di assistere a questa commedia di furbetti e facce toste? E’ solo questione di tempo. Ma bisogna fare presto, prima che di questo paese non resti più nulla.

Roberto Porta
Milano, 7 gennaio 2009