MILANO, SABATO 2 DICEMBRE 2000
Auditorium del Palazzo del Consiglio Regionale della Lombardia

PRESENTAZIONE DEL PIANO GENERALE DEI TRASPORTI E DEL PIANO DELLE INFRASTRUTTURE

Trasportare nel tempo giusto nel modo giusto

Le proposte del PRC

 

 

Relazione introduttiva

Daniele Cassanmagnago, Responsabile Regionale Trasporti Prc Lombardia

Abbiamo da sempre sostenuto che il territorio non è altro che la rappresentazione fisica della realtà sociale ed economica che lo vive, lo abita, lo trasforma e lo consuma.

La nostra società - la società del capitale e della globalizzazione - trova la sua migliore rappresentazione nella parcellizzazione dello spazio e dei tempi di vita e nella conflittualità dei rapporti casa-lavoro, casa-servizi, casa-luoghi del tempo libero.

Le contraddizioni Nord-sud del mondo, centro-periferia, lo sfruttamento delle risorse, del territorio e dell'ambiente, l'altissimo livello di inquinamento sono solo alcuni degli aspetti caratterizzanti di questo sistema la cui logica, quella della massimizzazione dei profitti e del dominio dell'impresa va a scapito dei diritti delle donne e degli uomini.

La radicale critica a questo sistema e a questa società e la necessità della loro trasformazione - che sono, ancora oggi e ancor più di prima, le ragioni per cui siamo e continuiamo a chiamarci comuniste e comuniste - sono anche le premesse della nostra azione politica e delle proposte che oggi andiamo ad avanzare.

Uno degli obiettivi strategici che vogliamo assumere è la ricomposizione dello spazio e del tempo di vita dell'uomo: ad una società che divide ne contrapponiamo una che unisce.

Da qui, nei trasporti, trasportare nel tempo giusto nel modo giusto .

Affrontare i tempi e le modalità dei trasporti ed avanzare una proposta alternativa al disegno dominante, quello dell'impresa e del mercato, significa per noi riavviare un processo di ricomposizione e di rivendicazione di interessi di "classe" anche in questo settore.

Diritto al lavoro e al salario, diritto ai trasporti, diritto alla mobilità, diritto all'ambiente: una battaglia che deve vedere impegnati contemporaneamente ed unitamente lavoratori, utenti e popolazioni la cui qualità della vita verrebbe compromessa dalla realizzazione delle infrastrutture funzionali ai soli interessi economici.

Questa battaglia deve avere uno sbocco politico, un progetto che per noi non si riduce esclusivamente ad un modello di mobilità e trasporti alternativo, ma che più complessivamente investe la trasformazione di questa società e del suo sistema dei consumi.

Trasportare nel tempo giusto e nel modo giusto

Un recente articolo su un quotidiano ha indicato come una parte consistente del reddito delle famiglie, più di 7 milioni di lire, venga speso ogni anno per l'automobile.

La stessa ricerca individua nei sei anni e nei due anni i tempi dedicati dall'italiano medio rispettivamente per spostarsi con la propria automobile e per trovare parcheggio.

Questa situazione di saturazione è ormai ben visibile anche ad occhio nudo ed è un fenomeno non più circoscritto alle grandi città e alle aree più urbanizzate.

La velocità media dei mezzi che percorrono le autostrade italiane è di 50/55 km/h; le merci sulle ferrovie hanno una velocità commerciale di 14 km/h, i mezzi pubblici nelle città di 15 km/h.

La maggior parte della popolazione del nostro Paese vede allungarsi i tempi, i costi e i disagi di percorrenza per immutate distanze. Solo pochi privilegiati possono permettersi di raggiungere (con le loro merci) punti diametralmente opposti del pianeta in 48 ore. I più si trovano a percorrere 20 chilometri anche in due ore! E' il consolidamento di un modello di società fatto a due velocità.

Allora diviene importante affrontare oltre il tema e la battaglia per la riduzione dell'orario di lavoro anche quello del trasportare nei tempi giusti e nei modi giusti

Libere tempo alla vita, ricomporre gli spazi ed i tempi della vita stessa.

Questa necessità si scontra con gli interessi dominati, con la società dell'economia globalizzata.

Con la globalizzazione della produzione, della distribuzione e, più complessivamente, dell'economia, con l'entrata in Europa e le vicende legate ai paesi dell'est e all'affermazione di nuovi mercati, col rafforzamento modello "just in time" e dell'"e-commerce" abbiamo conosciuto a livello territoriale, come in nessun altro periodo, una dispersione degli insediamenti (i luoghi di produzione e di riproduzione delle città), delle funzioni e delle relazioni e un aumento considerevole di movimentazioni di persone e di merci.

In Italia la domanda di trasporto si sviluppa ad una velocità doppia e tripla rispetto all'aumento del Prodotto Interno Lordo (PIL) del Paese. Per i prossimi 10/15 anni è previsto un suo incremento del 30% rispetto la domanda attuale.

La riduzione col just in time dei magazzini ed il loro trasferimento sui camioncini e sui Tir hanno moltiplicato in modo esponenziale il congestionamento e la pericolosità per chi viaggia su strada; l'esplosione del mondo dei clienti dell' e-commerce - che virtualmente acquistano ma materialmente ricevono - è tra le principali cause dell'aumento della domanda di mobilità le cui caratteristiche, sempre più ingovernabili, rendono inefficaci le risposte con le attuali infrastrutture di trasporto.

Stiamo conoscendo gli effetti di un sistema economico in cui la riduzione dei tempi del trasporto effettuato senza soluzione di continuità tra origine e destinazione della movimentazione (un servizio porta a porta) è uno dei fattore della competitività delle imprese, che si aggiunge alla riduzione del costo del lavoro e allo sfruttamento delle risorse ambiente ed energia.

Tra le conseguenze più disastrose le continue morti e i numerosi incidenti sul lavoro. In Italia nel 1999 nel solo settore dell'industria e dei servizi sono rimasti uccisi 1.065 lavoratori, 872.092 sono i feriti, 2.073 le malattie professionali. E' la faccia non presentabile della nuova economia, che in questo, come dice bene Maurizio Zipponi nel suo bel libro, "non ha nulla di diverso dalla "vecchia" ". Nel 2000 gli infortuni sono in aumento rispetto all'anno precedente, muoiono 100 lavoratori al mese.

Un dato che ci deve far riflettere: poco meno della metà di questi incidenti avviene durante il trasporto delle merci.

A questi dati, già di loro impressionanti, si aggiungono i 2.100 morti per raggiungere o tornare dal proprio luogo di lavoro e che non sono computati come "morti bianche".

E' amaro constatare quanto le vite umane perdano importanza e vengano subordinate all'interesse supremo del profitto e come all'azienda costa meno pagare una morte che cercare di prevenirla.

Un sistema squilibrato.

Un sistema squilibrato. Non ci sono altre parole per descrivere il sistema dei trasporti in Italia, un sistema in piena crisi.

Nel settore dei trasporti le politiche e le scelte di investimento dello Stato e dei privati hanno favorito lo sviluppo del trasporto merci e passeggeri su strada, determinando l'attuale squilibrio modale e costi sempre più elevati in termini economici, ambientali, di sicurezza e sociali. Un vero ed proprio fallimento.

In Italia, il 92% dei movimenti totali dei passeggeri ed il 65% di quello delle merci avviene su strada!

Tab. 1 - Composizione percentuale del traffico totale interno di passeggeri per tutti i comparti di trasporto - anno 1998 (Fonte Conto Nazionale dei Trasporti 1999

Modalità

Valore percentuale

Vie d'acqua

0,43

Navigazione aerea

1,03

Impianti fissi

6,44

Strada

92,10

Tab. 2 - Composizione percentuale del traffico totale interno di merci per tutti i comparti di trasporto - anno 1998 (Fonte Conto Nazionale dei Trasporti 1999

Modalità

Valore percentuale

Vie d'acqua

19,10

Navigazione aerea

0,01

Impianti fissi

16,28

Strada

64,61

Sempre dai dati del CNT risulta che il traffico interno di 1.197.630.388 tonnellate viene movimentato su tratte brevi (fino a 50 km), a conferma della polverizzazione della domanda e degli effetti del modello just in time.

Impietoso è il confronto con altri Paesi europei per ciò che concerne le merci autotrasportate: l'Italia che ha il primato delle merci autotrasportate è seguita dalla Spagna col 61%, dalla Francia col 58%, dalla Germania col 55%, dalla Svizzera col 42%.

L'attraversamento delle Alpi nel 1970 riguardava 28 milioni di tonnellate di merci e avveniva per il 78% sulle ferrovie e per il 22% su gomma, nel 1995 i milioni di tonnellate erano saliti a 112 veniva però invertito il rapporto fra distribuzione modale, il 37% delle merci viaggiava su ferrovia e il 63% su gomma.

Proseguire il confronto a livello europeo è scoraggiante ma utile: il nostro rapporto fra" km di rete ferroviaria per abitante" è il peggiore in assoluto, non solo rispetto a Francia, Germania e Gran Bretagna, ma anche nei confronti della Spagna (che ha 3,23 km di rete ferroviaria/abitante, contro il 2,8 km/abitante dell'Italia). Soprattutto nel nostro Paese è totalmente deficitario in servizio di trasporto ferroviario di corto-medio raggio: in Germania, in Gran Bretagna e in Spagna un passeggero percorre in prevalenza mediamente un tragitto ferroviario di 40 km (ovvero in quelle realtà risulta conveniente utilizzare il treno anche per questo genere di spostamenti brevi e medio-brevi); in Italia la soglia di percorrenza media è di 107,5 km.

Attenzione: questo dato non è legato direttamente alla conformazione geomorfologica del nostro Paese: gli stessi valori vengono confermati, in scala ridotta, dalle analisi sui sistemi di trasporto regionali e interregionali.

Il peso preponderante assunto dal trasporto su gomma, conseguentemente a tali scelte di investimento sulle strade e di disinvestimento sulla rete ferroviaria, è talmente grande da non risultare più modificabile con l'uso dei tradizionali strumenti di politica tariffaria. Un solo dato per tutti: l'Italia è al primo posto in Europa per quantità di tratte autostradali sottoposte a pagamento di pedaggio (l'85% dell'intera rete) eppure continuano ad aumentare le immatricolazioni ed il numero di veicoli circolanti.

Nel nostro Paese, anche grazie agli incentivi per la rottamazione e le detrazioni fiscali per l'autotrasporto, nel periodo 1990/99 i veicoli circolanti (secondo i dati Conto Nazionale dei Trasporti 1999) sono passati da 36.583.950 ai 43.297.506 del 1999, di cui oltre il 20% dedicati al trasporto delle merci. Siamo riusciti a superare anche gli U.S.A. per dotazione pro capite di autoveicoli, non abbiamo uguali al mondo!

Inoltre, dall'analisi dei dati relativi alla rete viaria e ai veicoli circolanti emerge una differenza dei rispettivi incrementi nel periodo 1990/1998 (del + 3,37% e del +16,87%) col conseguente intasamento della rete.

E' soprattutto quest'ultimo dato ad essere strumentalmente sbandierato da chi sostiene la necessità di costruire nuove strade ed autostrade. Così come viene sempre sottolineata una carenza di infrastrutture stradali nei confronti degli altri Paesi europei, dimenticando consapevolmente di evidenziare l'alta densità abitativa (soprattutto per le regioni settentrionali e centrali) e i limiti fisici del territorio italiano.

Tab.3 - Estensione rete stradale primaria (dati in km - Fonte C.N.T.)

Tipologia

1990

1998

Autostrade

6.185

6.478

Strade statali

44.742

46.009

Strade provinciali

111.011

114.909

Totale

161.938

167.396

Tab.4 - Analisi geografica della rete stradale primaria italiana e dei veicoli circolanti (Fonte C.N.T.)

 

Km Strade provinciali (anno 1997) per 10.000 abitanti

Km Strade statali (anno 1998) per 10.000 abitanti

Km autostrade (anno 1998) per 10.000 abitanti

Veicoli circolanti (anno 1998) per abitante residente

Italia settentrionale

16,3

6,1

1,3

0,70

Italia centrale

20,3

8,1

1,0

0,70

Italia meridionale

23,7

10,2

1,0

0,57

Italia

19,8

8,0

1,1

0,65

Ormai è evidente l'impossibilità di costruire in proporzione alla domanda di mobilità e di traffico autoveicolare nuove infrastrutture, in particolare stradali, per ragioni ambientali e anche finanziarie. Nonostante ciò, assistiamo continuamente alla proposizione di nuove infrastrutture di trasporto che, oltre a richiedere ingenti investimenti, non danno risposte alla domanda prevalente di trasporto (quella a corto raggio espressa dai milioni di spostamenti giornalieri per motivi di lavoro, studio e tempo libero) e vanno ad aumentare e a rendere irreversibile quello squilibrio modale di cui abbiamo in precedenza accennato.

Ma evidentemente ben altri sono gli scopi di chi propone, promuove e sponsorizza la costruzione delle nuove autostrade, dell'alta velocità-alta capacità, della grande Malpensa, del Ponte sullo Stretto, della variante di valico, dei trafori autostradali, ecc.

Ci troviamo sommersi da proposte e progetti infrastrutturali i cui propositori, i finanziatori, ne dettano le caratteristiche, le modalità ed i tempi di realizzazione.

La domanda non è più "a cosa e a chi serve?" un'infrastruttura ma è "chi la realizza?". A chi serve è già stabilito: colui che realizzerà l'opera. Colui che dovrebbe programmare, è invece impegnato e confinato a trovare le compatibilità e a definire procedure semplificate.

I casi di Malpensa e dell'alta velocità-alta capacità sono emblematici.

Nonostante la nostra denuncia e grazie al Governo nazionale e alle Regioni "poliste", la truffa dei Treni ad Alta Velocità si sta compiendo.

Non è bastato scoprire la finta maggioranza dei privati nella società TAV, non è bastato scoperchiare il castello finanziario che assegnava ai privati tutti gli appalti (dalla progettazione alla costruzione, dal controllo allo sfruttamento economico per fare accantonare o, almeno, modificare sostanzialmente il progetto. Non è servito neppure verificare la fragilità dal punto ambientale dei luoghi interessati dal progetto: le recenti alluvioni hanno confermato tale fragilità e tutte le nostre critiche.

L'Alta Velocità - Alta Capacità, un assurdo progetto dal punto di vista tecnico-trasportista, un progetto che ha saputo però stimolare i grandi interessi (Agnelli, Pininfarina, Illy, Romiti - FIAT, Impresilo, Grassetto, ecc.), gli stessi interessi che hanno impedito di mettere in gara le tratte la cui realizzazione non era stata ancora avviata.

Il Ministero ha deciso di chiudere la Conferenza dei Servizi senza il parere unanime degli Enti Locali e, così facendo, ha creato un pericoloso precedente.

Centrodestra ed imprenditori già gioiscono, pensando ai risvolti che questo precedente potrebbe avere sulle prossime conferenze dei servizi che si apriranno per le altre opere.

Anche Malpensa è l'espressione di un interesse ben preciso: il sovradimensionamento dell'hub non è una scelta dettata dalla necessità di rispondere al notevole incremento di trasporto aereo che ogni anno si attesta sul 6/8%. Al contrario, disegna un modello di trasporto e di trasformazioni del territorio in cui entrano in modo determinante vicende "esterne", legate ad Alitalia e agli accordi che la stessa potrebbe stringere con altre compagnie straniere. L'ampliamento dello scalo, il suo ruolo intercontinentale divengono inoltre elementi indispensabili e condizioni necessarie per l'avvio del processo di privatizzazione di SEA (il cui presidente è un certo Giorgio Fossa, alla faccia del conflitto di interessi), un'altra società pubblica (in attivo!) da consegnare nelle mani dei privati.

E intanto registriamo l'insabbiamento della valutazione d'Impatto Ambientale ed i procedere della "deportazione" dei residenti nelle zone limitrofe all'aerostazione.

Sulle procedure semplificate bisogna necessariamente aprire una parentesi. Se è vero che serve una sburocratizzazione e una semplificazione dei procedimenti, anche al fine di mantenere attuali ed efficaci gli strumenti programmatori, è altrettanto vero che si sta delineando un vero e proprio attacco al ruolo degli enti locali e alla natura e alla ragion d'essere degli stessi strumenti di pianificazione. Dal momento in cui si devono dare risposte non più alla totalità dei bisogni ma, al contrario, a segmenti "particolari" degli stessi, uno strumento di governo complessivo delle trasformazioni e delle dinamiche territoriali costituisce un ostacolo. Negli ultimi anni abbiamo assistito alla continua nascita di nuovi strumenti, dagli accordi di programma alle proposte di superamento del parere unanime nelle Conferenze dei Servizi che agevolano interventi parziali sul territorio, il più delle volte promossi da interessi privati e contrastanti con le dimensioni sociali e ambientali del contesto in cui questi si vanno a collocare.

I grandi manovratori privati propongono e il programmatore pubblico ratifica e crea, appunto, il terreno delle compatibilità.

In questo quadro si inseriscono le iniziative centraliste ed autoritarie delle Regioni del Nord governate dal centrodestra, dalla "Casa delle libertà" (negate!). L'offensiva può essere ben rappresentata dalla proposta di legge della Giunta lombarda per ricondurre a sé la facoltà concessoria per le autostrade che ricadono nei perimetri regionali, per annullare di fatto la conferenza dei servizi e le conflittualità che si sono registrate con gli enti locali, per eliminare il "rischio d'impresa" per i privati che ricorrono al project financing per realizzare le nuove autostrade.

Col Poject Financing viene decretato in modo definitivo la fine dell'autonomia del momento programmatorio da quello realizzativo/gestionale. Le caratteristiche dell'infrastruttura non sono decise sulla base della sua necessità ma sulla capacità di generare redditività dall'intervento, unica pregiudiziale affinchè si realizzi l'intervento del privato (lampante esempio sono i nuovi collegamenti autostradali Pedemontani e la BreBeMi.

L'indifferenza rispetto all'ambiente e ai diritti dei cittadini è totale.

Il territorio, il suo utilizzo e la sua infrastrutturazione sono sempre stati terreno di interessi speculativi che, progressivamente, si sono affermati ed imposti sempre più su quelli collettivi, grazie anche e soprattutto al venir meno della volontà e capacità di definire obiettivi e di programmare le risposte alle esigenze e ai bisogni socialmente riconosciuti.

I bisogni egemoni - quelli espressi dai cittadini (casa, lavoro, istruzione, ambiente, salute, trasporti, ecc.) - lasciano il posto a quelli dominanti - quelli dei finanziatori, dei costruttori, delle associazione di categoria (industriali, camere di commercio) che divengono così il motore delle trasformazioni territoriali.

La crisi del trasporto pubblico locale: un ruolo sempre più marginale

Nella situazione in precedenza descritta e in un contesto di liberalizzazione e di privatizzazione del settore, il trasporto pubblico viene confinato ad un ruolo sempre più marginale.

Abbiamo valutato positivamente il principio di regionalizzazione dei trasporti ed il trasferimento di competenze e di funzioni alle Regioni, alle Province e agli Enti Locali.

Li consideriamo utili al cambiamento degli indirizzi in materia di trasporti e al perseguimento in via prioritaria di obiettivi sociali ed ambientali.

Nel D.Lgs 422/97 e nelle diverse leggi regionali è però il liberismo e la deregulation del settore l'obiettivo principale. Si verificherà lo sfascio e la svendita del trasporto collettivo.

Così come per la Sanità, il trasporto pubblico non sarà più un servizio ma un settore di profitto.

E' stato introdotto il principio per cui solo con la competitività e la concorrenzialità (il mercato) si riesce a dare una risposta positiva alla condizione di grave crisi in cui versa il trasporto pubblico locale. E' una proposta schematica e semplicistica, che liquida troppo facilmente un aspetto, quello degli alti costi e delle inefficienze dell'attuale servizio, che dovrebbe essere invece analizzato ed approfondito più attentamente. Il principio condivisibile di riduzione dei costi, di miglioramento dell'efficacia, dell'efficienza e dell'economicità del servizio, non può essere utilizzato per giustificare una scelta che è tutta ideologica. La stessa ideologia che liquida nel nome della competitività le aziende pubbliche (Aziende Speciali e Consorzi). Affermare che la liberalizzazione introdurrebbe automaticamente miglioramenti del servizio e riduzione dei costi per la collettività è una falsità. Le privatizzazioni che abbiamo conosciuto nei trasporti ci fanno temere che ben altri sono gli interessi e gli scopi che si nascondono in queste operazioni. Si dovrebbe invece indagare sulle competenze e sulla capacità di definire obiettivi e di raggiungere risultati, sulle responsabilità che, troppo spesso, non vengono volutamente individuate.

Mettere in gara i servizi, comunque e in ogni contesto, significa non tenere in considerazione le diverse condizioni di partenza e, soprattutto, introdurre il fattore costo del lavoro come la principale variabile su cui agire per aggiudicarsi la "competizione", soprattutto in questa fase in cui vengono messi in discussione l'esistenza degli stessi contratti nazionali o il diritto di sciopero. Saranno penalizzati lavoro e servizi (tagli ai "rami secchi", alle manutenzioni e alla sicurezza). Questo, per Rifondazione Comunista, non è accettabile. La riduzione dei costi deve passare per altre vie.

Il percorso di privatizzazione e di liberalizzazione intrapreso rischia di portarci ad emulare il modello delle ferrovie inglesi che ha prodotto innalzamento di costi e tariffe e riduzione della qualità dei servizi.

E' stata utilizzata pretestuosamente la direttiva europea 440/91 che prevedeva solo l'obbligatorietà della suddivisione contabile tra gestione dell'infrastruttura e quella del servizio e che comunque esclude dal campo di applicazione della direttiva i servizi regionali, urbani ed extraurbani (art. 2, comma 2, dir. 91/440/CEE).

Abbiamo sempre affermato che la nuova legge di riordino del Trasporto Pubblico Locale avrebbe dovuto promuovere e non ridurre il diritto ai trasporti dei cittadini e il diritto all'occupazione e al salario dei lavoratori.

L'approccio dato con il D.Lgs. 422/97 e con le leggi regionali non va certo nella direzione di affrontare la questione principale: la quantità e la qualità dell'offerta del servizio di trasporto pubblico locale.

Di certo non inverte la progressiva crisi che investe il settore. Occorre cambiare rotta!

Alcuni dati sul tpl

Una forte crisi sta coinvolgendo il settore delle autolinee, con una forte caduta della domanda soprattutto per quanto riguarda il servizio urbano, e la diminuzione degli addetti del settore, effetto delle "razionalizzazioni" del settore. Il totale dei passeggeri trasportati nel periodo 1990-1997 è passato da oltre 3,963 miliardi a 3,5 miliardi di persone trasportate.

Le aziende pubbliche e private erano complessivamente 1.205 nel 1996, il 32% operavano nel Nord, il 16% nel Centro ed il restante 52% nel Sud e nelle Isole. Le aziende più grandi sono concentrate nel Nord, dove più del 17% delle imprese dispone di oltre 100 addetti, nel Sud e nelle Isole prevale invece la polverizzazione del settore in aziende spesso a conduzione famigliare, oltre il 45% ha meno di 5 addetti e solo il 7% dispone di più di 100 addetti. Il rapporto proventi/ricavi si attesta al 30,6% nel 1996; se si pensa che nella seconda metà degli anni sessanta tale indicatore aveva raggiunto oltre il 60% è evidente la situazione di crisi che ormai invade il settore del trasporto pubblico locale.

Analoga situazione la ritroviamo per le tranvie la cui rete si estende per 420 km e rispetto gli anni 60 è diminuita di oltre il 40%, così come si riduce il materiale rotabile e gli indicatori vetture-chilometro e posti-chilometro.

I passeggeri registrati nel 1997 da questa modalità erano 300,2 milioni; nel periodo 1990/1997 sono diminuiti del 29%.

Il rapporto proventi/costi si è attestato nel 1997 sul 38% contro il 60% degli anni '60.

La metropolitana (104,5 km di rete nel 1997) è la modalità che, nell'ambito del trasporto pubblico locale, presenta livelli crescenti: i passeggeri trasportati passano infatti dai 438 milioni del 1990 ai 560 milioni del 1997, il rapporto proventi/costi passa dal 30% del 1990 al 51% del 1997

Costi sociali

E' inutile sottolineare che la movimentazione frenetica, lo squilibrio modale, l'incidentalità, il traffico, l'inquinamento, la congestione delle aree urbane - il nostro pane quotidiano - costituiscono costi sociali ed ambientali altissimi e non più sopportabili. Tali costi "esterni", ricadenti sulla collettività, hanno raggiunto nel 1998 i 217.000 miliardi di lire, il 10% del PIL. Le spese maggiori sono dovute ai danni causati da smog ed incidenti (rispettivamente 86.000 e 56.000 miliardi di lire. Notevoli sono anche i costi derivanti dal rumore (28.578 miliardi), dalla congestione da traffico (circa 27.000 miliardi) e dai gas serra (17.954 miliardi).

L'analisi per modo di trasporto evidenzia che il 95% dei costi esterni è dovuto al trasporto stradale (oltre 205.000 miliardi stimati, dovuti in prevalenza allo smog, agli incidenti ed alla congestione); il 2,94% al trasporto ferroviario (6.373 miliardi di lire, di cui 4.228 per il rumore e 1.325 per lo smog) e circa il 2% al trasporto aereo (4.400 miliardi di lire, dei quali il 50% solo per il rumore).

Secondo il secondo rapporto sui "costi ambientali e sociali in Italia" sono state emesse nel 1997 ben 116,8 milioni di tonnellate di CO2 (anidride carbonica, il principale gas serra imputabile ai trasporti) - il 4,2% in più rispetto l'anno 1995. La causa principale di quest'aumento è il trasporto su strada.

Dall'analisi dei costi esterni della mobilità si può affermare che:

     

  1. La prosecuzione del trend storico di continua crescita dell'emissione di CO2 è in contrasto con le necessità di riduzione poste dall'impegno italiano nell'ambito del Protocollo di Kjoto (-6,5% dell'emissione nel periodo 2008-2010 rispetto al livello del 1990);
  2.  

  3. La responsabilità quasi esclusiva dei costi relativi al gas serra è dei trasporti su strada, che vi contribuiscono per il 90,7%, così come per i costi per l'inquinamento atmosferico (97,3%)
  4.  

  5. Nonostante il miglioramento della sicurezza dei veicoli su strada, il continuo aumento degli incidenti, dei decessi e dei feriti sono imputabili al continuo aumento dei volumi di traffico

In una recente ricerca dell'Organizzazione Mondiale della Sanità e da Legambiente in 8 grandi città italiane dove vivono complessivamente 8,5 milioni di persone (Torino, Genova, Milano, Bologna, Firenze, Roma, Napoli e Palermo) per ogni vittima di incidente stradale ve ne sono più di 5 la cui morte è imputabile al gas respirato (600 contro 3.472).

Tab.5 - Stima dei costi esterni della mobilità nel 1998 - valori in miliardi di lire 1998 (Fonte Conto Nazionale dei Trasporti- edizione 1999)

 

Gas serra

Smog

Rumore

Incidenti

Congestione

Totale

Strada

16.279

84.269

22.336

56.910

26.910

206.131

Trasporto Passeggeri

10.758

41.594

11.150

52.748

17.578

133.827

Di cui: uso privato

10.333

38.436

10.464

52.358

17.037

128.628

Bus/pullman

426

3.157

687

389

541

5.200

Trasporto merci

5.520

42.676

11.186

3.589

9.332

72.304

Rotaia

493

1.325

4.228

243

85

6.373

Di cui: trasporto passeggeri

384

1.048

2.027

202

85

3.745

Trasporto merci

109

277

2.201

41

 

2.628

Aereo

1.183

1.039

2.014

164

11

4.410

Di cui: trasporto passeggeri

1.072

942

1.810

164

11

3.998

Trasporto merci

111

97

204

   

412

Totale

17.954

86.633

28.578

56.743

27.006

216.914

Tab. 6 - Incidenti, morti e feriti distribuiti per modalità di trasporto - Elaborazione da dati C.N.T.

   

1997

1998

Ferrovie

Incidenti

285

259

 

Morti

100

97

 

Feriti

115

116

Strada

Incidenti

190.031

204.615

 

Morti

6.226

5.857

 

Feriti

270.962

293.842

Aereo

Incidenti

2

2

 

Morti

0

0

 

Feriti

30

3

Nave

Incidenti

80

60

 

Morti

1

9

 

Feriti

0

2

Cambiare politica dei trasporti

LA NOSTRA IDEA DI PIANO GENERALE DEI TRASPORTI

Non è possibile proseguire su questa strada, occorre cambiare la politica dei trasporti.

Avanziamo uno schema di ragionamento ed alcune proposte per cercare di introdurre interventi ed azioni utili al riequilibrio modale del sistema dei trasporti, per trasferire cioè quote significative di traffico di merci e di persone dalla strada al ferrovia, dal mezzo pubblico a quello privato.

Siamo stanchi delle tante parole e delle promesse spese in favore di questo obiettivo, vogliamo fatti!

Il riequilibri modale può avvenire solo con politiche di programmazione e non attraverso il mercato.

Occorre una seria e credibile politica dell'offerta per potere governare la domanda! Occorre un Piano Generale dei Trasporti che si ponga in quest'ottica.

     

  1. La nostra idea di Piano Generale dei Trasporti riguarda una legge quadro di principi di programmazione su come si affronta e si risolve il cambiamento dei trasporti nel Paese. Non deve essere la lista della spesa o, ancor peggio, un elenco di opere che trovano maggiori sponsorizzazioni.
  2.  

  3. Esso agisce secondo il principio della predeterminazione modale, vale a dire che determina progressivamente quali vettori debbano trasportare le merci o le persone secondo l'origine e/o la destinazione dei movimenti, della tipologia degli spostamenti e della lunghezza dei tragitti, contrastando per questa via l'idea erronea (peraltro sconfessata dai fatti) che il mercato produce intermodalità, ecc.
  4.  

  5. Deve determinare le quantità delle merci e dei passeggeri che devono passare nel tempo di validità del piano dalla gomma al mare, alla ferrovia, ai mezzi collettivi dentro gli obiettivi ambientali di Kyoto, degli obiettivi di sicurezza e quindi di riduzione degli incidenti e delle mortalità sulla strada. Riteniamo vitale e comunque perseguibile l'obiettivo del trasferimento modale di una quota percentuale del 20%
  6.  

  7. Il PGT deve determinare inoltre la quantità e la qualità degli investimenti pubblici e privati, al fine di ridurre i costi esterni, i famosi 217 mila miliardi di lire. Il nesso tra investimenti (che devono essere ingenti) e gli obiettivi deve essere evidente, le politiche atte ad ottenere tali obiettivi devono essere ben esplicitate.
  8.  

  9. Introduciamo un ragionamento basato sui corridoi plurimodali e sulla sussidiarietà (e non sovrapposizione e spietata concorrenza modale che avrebbe un solo vincitore: la gomma) tra mare, ferro e gomma. Questo ragionamento può essere applicato, ad esempio per i corridoi adriatico e tirrenico.
  10.  

  11. Nel PGT si deve seriamente porre il problema di come si muovono le merci in questo Paese. Proponiamo uno schema per cui le merci che arrivano nei porti, oltre che via mare, devono arrivare e partire in treno. Per il loro trasporto nelle grandi aree metropolitane ed urbane devono essere elaborati appositi progetti, analizzando ed assegnando risposte specifiche alle merci che percorrono lunghe distanze e alle quelle che hanno una movimentazione di corto raggio (il 41% del totale). Risposte diverse ma con un fine comune, quello di trasferire la maggior parte della merce su ferrovia e di liberare le aree urbane dal traffico che non ha lì, né origine né destinazione. Il transito va fatto in treno o in mare. Strategico sarà affrontare il traffico merci nel Nord Italia, laddove hanno origine e/o destinazione il 53% dei movimenti (per il sud solo il 4,3%) e si intrecciano problemi di valico delle Alpi, di identificazione di linee dedicate, di localizzazione della logistica, di risoluzione dei nodi di Milano e di Torino (e non solo, si pensi a Novara, Verona, ecc).
  12.  

  13. Ogni realtà dovrà inoltre elaborare un progetto nella logica europea delle "città senz'auto". Una politica di aggressione al traffico deve vedere una azione congiunta di limitazione di circolazione, soprattutto del traffico di attraversamento, e di incremento quantitativo e qualitativo del servizio di trasporto pubblico.
  14.  

  15. I contenuti della programmazione e della pianificazione devono avere un riscontro positivo in termini di sostenibilità sociale ed ambientale. In particolare, dovranno essere sottoposti a Valutazione d'Impatto Ambientale i progetti infrastrutturali. Inoltre, a più di un anno dalla sua emanazione, il nostro Parlamento dovrà inoltre recepire la direttiva europea riguardante la Valutazione d'Impatto Strategica VAS a cui sottoporre Piani e Programmi.
  16.  

  17. Vanno apportate sostanziali modifiche al D.Lgs. 422/97 sia in sede nazionale che locale (nelle Regioni) per adeguare la normativa agli obiettivi generali di trasporto, di tutela ambientale e di rilancio del lavoro nel settore. Questa indicazione dovrebbe essere data col PGT.
  18.  

  19. Deve essere altresì promossa una specifica legge per le Alpi con la quale la quale determinare una riduzione progressiva del trasporto su gomma, il divieto di passaggio ai camion con peso superiore alle 40 ton., l'introduzione di provvedimenti fiscali (aumento di tasse) per disincentivare il trasporto su gomma.
  20.  

  21. Con l'intento di realizzare interventi sussidiari a quelli prima descritti, si dovranno definire proposte credibili che riguardino la viabilità e la sicurezza, ovvero un piano di manutenzione della rete stradale e l'articolazione di quest'ultima in una chiara gerarchia stradale. La strada urbana non può assolvere il compito della viabilità primaria!
  22.  

  23. Gli Enti proposti alla Programmazione e alla pianificazione devono inoltre stabilire un nesso vincolante tra trasporto, urbanistica e localizzazione delle diverse funzioni, in primo luogo l'industria (i distretti industriali o le aree industriali). Deve essere avviato un processo di ricomposizione dei tasselli attraverso una operazione di coordinamento degli indirizzi e degli strumenti di programmazione e di pianificazione: Piani Regionali delle Infrastrutture e dei Trasporti/Piani di bacino provinciali/Piani Urbani del Traffico, PUM e PRG. I Piani Regionali delle Infrastrutture e dei Trasporti devono individuare, come il PGT, le quantità di trasporto su gomma da trasferire al trasporto pubblico, su ferrovia e su acqua; devono altresì specificare l'obiettivo di riduzione dell'inquinamento (anche in riferimento agli impegni assunti a Kyoto).
  24.  

  25. Il PGT e, di conseguenza, i Piano Regionali devono inoltre contenere una previsione relativamente l'aumento della velocità commerciale dei servizi ferroviari e dei mezzi pubblici in generale. Riteniamo possibile fissare almeno i 30 kmh la velocità da raggiungere. Non si tratta altro che tornare alla stessa velocità che i nostri treni avevano nel 1970! Un altro obiettivo da inserirsi in questo strumento è la riduzione delle percorrenze veicolari, dei consumi e dei costi esterni, la tutela del patrimonio artistico culturale ed ambientale.

Questo schema di ragionamento si traduce in proposte di miglioramento e potenziamento della rete infrastrutturale e di incremento quantitativo e qualitativo dei servizi di trasporto pubblico.

LE INFRASTRUTTURE

La necessità di ottimizzare le risorse e, contemporaneamente, di raggiungere gli obiettivi sopra descritti ci impone di determinare le priorità, a partire dalla ferrovia.

GLI INTERVENTI SULLA RETE FERROVIARIA

Contrapponiamo al progetto di alta velocità-alta capacità un progetto di rete avente per priorità il trasporto locale e le merci, a partire dal pieno utilizzo delle infrastrutture esistenti.

Realizzare il progetto TAV sulla Torino-Venezia (ovvero un corridoio superveloce non integrabile con il resto della rete) significa investire almeno 40.000 miliardi per un'opera che non ha alcuna giustificazione. Un corridoio superveloce, con alimentazione non compatibile con il resto della rete FS, limitato al solo traffico nazionale (lungo una tratta dove però, secondo i dati FS riportati dal gruppo di verifica interministeriale sull'A.V., l'utenza media percorre un itinerario non superiore agli 80 km), non è utile al sistema, non risolve i problemi strutturali legati soprattutto al trasporto delle merci, al potenziamento delle tratte sature e al trasporto di corto-medio raggio.

In sintesi, invece di un corridoio separato dalla rete e dedicato al treno superveloce, lo scenario alternativo che noi proponiamo, peraltro costruito su tracciati già esistenti, investendo nel potenziamento e nella manutenzione delle linee, prospetta la realizzazione di tre "corridoio paralleli" est-ovest. Ovviamente da questo assetto delle infrastrutture ferroviarie dovrebbe derivare, in un paese "normale", la scelta localizzativa di strutture per la logistica, interporti e terminal intermodali efficienti e integrati alla rete. Il tutto, con tempi di realizzazione più rapidi e con costi di investimento pubblici inferiori di 20 volte rispetto all'Alta Velocità, specie se si procede con le gare di appalto e non con le concessioni a trattativa privata, come invece è avvenuto con i consorzi di imprese per l'Alta Velocità.

Il nostro progetto tende, nel limite del buon senso, a separare i binari da dedicare alle merci da quelli per i viaggiatori.

Abbiamo colto con interesse e riproponiamo alcune indicazioni contenute nel documento degli esperti del ministero dei Trasporti e dell'Ambiente della prima verifica sul progetto dell'Alta Velocità, poi disattese nella loro totalità dal Ministro con la chiusura della conferenza dei servizi.

Condividiamo la non necessità di raddoppiare completamente la Torino-Venezia e di realizzare la Milano-Genova. Così come condividiamo la necessità di aumentare la capacità del sistema nell'attraversamento delle aree metropolitane e di dare una risposta al trasporto delle merci. L'accordo per la creazione di una società merci con gli svizzeri, le ferrovie non nutrono un interesse urgente per il collegamento Torino-Lione.

La nostra proposta si articola in:

IL SISTEMA AEROPORTUALE

La Giunta regionale lombarda e il presidente di SEA hanno espresso l'intenzione di ampliare ulteriormente l'aerostazione con la costruzione della terza pista, per raggiungere un volume di traffico tale da giustificare la scelta di trasformare Malpensa 2000 in hub. Non è una scelta limitata al solo trasporto aereo ma, al contrario, disegna un modello di trasporti e di trasformazioni del territorio legato al sovradimensionamento di Malpensa (30 milioni di passeggeri e 1 milione di tonnellate di merci) e alla realizzazione dell'alta velocità, delle autostrade BreBeMi e Pedegronda, delle bretelle di collegamento dell'aerostazione intercontinentale con tutte le autostrade esistenti. L'aumento della capacità del sistema aeroportuale avviene così in assenza di pianificazione, attraverso la trasformazione di ruolo degli aeroporti minori, il "recupero" di Linate e l'aumento, al di là di ogni previsione, dei traffici di Malpensa.

I decreti emanati dal Ministero dei Trasporti che, regolamentando il trasferimento dei voli da Linate a Malpensa, legano ancor di più i destini dell'aerostazione e la trasformazione del territorio circostante (infrastrutture di collegamento, insediamenti produttivi, commerciali e direzionali, ecc) alle strategie aziendali (alleanze con altre compagnie aeree) della compagnia di bandiera, Alitalia. Succede così che se Alitalia stringe accordi con Swiss Air il ruolo della grande Malpensa si aggiungerà a quello già svolto dall'hub di Zurigo e non avrà limiti se non quelli fisici dettati da un territorio ormai saturo; qualora invece l'accordo venisse stipulato con Air France, Malpensa svolgerebbe un ruolo subordinato a Lione e quindi tutte le ambizioni di grandezza verrebbero penalizzate.

Il recente studio dell'IRER e della Regione Lombardia "Studio sul sistema aeroportuale lombardo sulla rete degli aeroporti minori e sui servizi di elitrasporto" in cui si evidenzia un'ipotesi di sviluppo del sistema aeroportuale imperniato su due hub: Malpensa e Montichiari (BS). Si tratta di uno studio interessante, non tanto nelle conclusioni, quanto nei contenuti che dimostrano in primo luogo che Malpensa è nata già vecchia: il modello hub risulta essere ormai superato. E' superato da un trasporto aereo che in larga parte si è svolto point to point (tanto da far prevedere un ulteriore sviluppo del trasporto aereo realizzato tramite i mezzi più leggeri) e da un sistema che ha visto l'affermazione del modello hub and spokes.

Inoltre, il raggiungimento di volumi di traffico prossimi ai 20 milioni di passeggeri/anno ha reso ancor più inefficace il già lacunoso Studio d'Impatto Ambientale precedente. Il disegno politico è quello di non dare mai scenari certi sui quali definire uno Studio ed una Valutazione d'Impatto Ambientale fino a che non si raggiungerà il dimensionamento voluto. La procedura di VIA sarà fatta a posteriori e non svolgerà la sua funzione principale, quella di definire cioè la compatibilità del progetto, le irreversibilità degli interventi ipotizzati e le possibili alternative. Definirà solo opere di mitigazione o la monetizzazione del danno.

I tanto decantati effetti (l'indotto) non hanno assunto le dimensioni ipotizzate nello studio della LIUC di Castellana. Quello che invece si può dire è che il consumo del territorio (rilocalizzazione delle attività in prossimità del sedime aeroportuale) e il precariato e il ricorso alle "cooperative di lavoro" sono aumentati notevolmente nell'area varesina. Esternalizzazione dei servizi e riduzione del costo del lavoro sono i fattori della competitività.

Abbiamo partecipato alle manifestazioni di protesta in cui, per la prima volta, sono confluiti gli interessi dei comitati e delle amministrazioni locali lombarde e piemontesi. Tale movimento presenta tuttavia forti contraddizioni e punti di debolezza che, di fronte al muro di gomma eretto da Regione Lombardia e dal Governo nazionale, rischia di essere limitato ad un ruolo di pura testimonianza o, nella migliore delle ipotesi, di richiesta di riduzione del danno.

La nostra proposta per Malpensa parte da una semplice considerazione. Non c'è dubbio che i nuovi indirizzi introdotti a livello europeo e recepiti (con diverse interpretazioni) dai diversi Paesi hanno costituito un elemento di grande novità nel panorama del trasporto aereo. Essi hanno altresì costituito il motore di una trasformazione in senso liberista dello stesso trasporto aereo, funzionale alla globalizzazione dei mercati e della produzione. In questo nuovo contesto la Lombardia e l'Italia hanno da sempre concepito Malpensa come hub concorrenziale a quelli già presenti e sviluppati in Europa (Zurigo, Lione, Francoforte, ecc.). L'Europa è quindi concepita come ambito della competitività.

Abbiamo avanzato nel dicembre '99 una proposta che consiste in percorso processuale che ha come fondamento la definizione di un Piano Integrato del Sistema Aeroportuale del Nord Italia in cui definire diversi scenari e stabilire, di conseguenza, i ruoli e le capacità delle singole infrastrutture presenti sul territorio dell'Italia settentrionale.

Tale proposta, ancora valida, deve avere però un respiro più ampio: possono dare i Paesi che si riconoscono nell'Europa una risposta diversa a quella che oggi conosciamo, basata sull'esasperazione del concetto di competitività?

Noi crediamo di si.

Crediamo che possano dare una risposta alternativa a quella che oggi conosciamo, basata sulla competitività tra gli hub; crediamo in una risposta che faccia della ricerca e della creazione di sinergie tra i sistemi aeroportuali dei singoli Paesi aderenti il fattore vincente.

Significa dare una risposta equilibrata di integrazione dei sistema e di organizzazione dei numerosi aeroporti esistenti, a livello europeo così come a livello italiano (tra Torino e Verona si trovano a 50 chilometri di distanza l'uno dall'altro!) attribuendo agli stessi alcune funzioni prevalenti.

Riteniamo che l'Europa non possa continuare ad essere spettatrice (quando va bene) o parte attiva, dall'una o dall'altra parte, nella "giungla" del mercato, riteniamo che essa debba assumere un vero ruolo di programmazione e di indirizzo nelle politiche dei trasporti.

Per gli aeroporti italiani è necessario ricercare un nuovo equilibrio tra Nord e Centro-Sud, soprattutto in riferimento ai ruoli da assegnare a Malpensa e Fiumicino.

Per ciò che concerne gli aeroporti settentrionali possono essere riconosciuti ad essi vocazioni non esaustive ma prevalenti:

La definizione di un Piano Integrato del Sistema Aeroportuale del nord Italia consentirebbe:

La Valutazione d'Impatto Ambientale di Malpensa

L'aumento della capacità dell'aerostazione di Malpensa 2000 non è stata mai anticipata da una VIA. I diversi studi di impatto ambientale, sempre lacunosi e omertosi, sono sempre stati superati dai fatti e dall'incremento dei traffici dell'aerostazione.

Riteniamo che si diritto dei cittadini e un dovere di chi ha interesse ad ampliare Malpensa (SEA, Governo, Regione, Province e Comune di Milano) avviare seriamente le procedure per effettuare una nuova ed approfondita Valutazione d'Impatto Ambientale.

Perché ciò possa essere fatto proponiamo come la moratoria sull'ampliamento dell'aerostazione e degli incrementi dei volumi di traffico.

Riteniamo altresì indispensabile estendere lo Studio di Impatto Ambientale (SIA) e, conseguentemente, la Valutazione di Impatto Ambientale (SIA) all'area piemontese

Riteniamo che Malpensa abbia esaurito e superato la sua capacità di ampliamento in relazione alla sua sostenibilità ambientale e sociale.

Non ci accontentiamo però di affermare questa nostra valutazione in ogni sede, istituzionale e non. Malpensa esiste e non possimo fare a meno di confrontarci con ciò che da sempre abbiamo chiamato "il buco nero".

L'ultima questione riguarda le responsabilità politiche ed istituzionali relative al disastro Malpensa 2000. Malpensa è un pezzo della storia di Tangentopoli, di scelte affrettate ed incomprensibili, di violazione di diritti. Al fine di accertare tali responsabilità, Rifondazione Comunista ha depositato una proposta di legge per l'istituzione di una commissione d'inchiesta parlamentare .

Chiediamo che la stessa venga urgentemente discussa e, ovviamente, approvata.

Sarebbe un segnale positivo della politica nei confronti dei cittadini che vivono quotidianamente i disagi causati dalla presenza dell'aerostazione, sarebbe un atto che restituirebbe un minimo di fiducia nelle istituzioni che in questa penosa vicenda hanno perso gran parte, se non del tutto, la loro credibilità.

LE AREE URBANE

Affrontiamo questo tema caro non solo alla città che ospita questo convegno, Milano, ma che interessa ormai gran parte delle aree urbane del nostro Paese. Ma a Milano è nato un comitato che, attraverso la raccolta di firme per un referendum "per l'aria pulita" , apre orizzonti per politiche alternative ed azioni concrete, rompendo quel clima di arrendevolezza che si era instaurato nell'istituzione milanese.

E' portatore di una istanza a cui invece può essere data una risposta politica.

Noi ci vogliamo provare!

Gli interventi che in precedenza abbiamo proposto hanno una loro importante rilevanza per ciò che riguarda una politica ed una strategia per le città e le aree urbane. Il miglioramento dell'accessibilità con le ferrovie ed il mezzo pubblico è la condizione necessaria ed indispensabile per rendere efficace una politica di aggressione e di limitazione al traffico. Oltre al potenziamento della rete ferroviaria nelle aree urbane, è necessario il prolungamento delle direttrici metropolitane e delle reti tranviarie al di fuori dei "muri" e dei confini della città. Occorre intercettare il traffico per trasferire la maggior parte possibile di esso sul mezzo pubblico. Un mezzo pubblico che oltre ad essere accogliente deve saper vincere la competizione con l'automobile privata. Proponiamo un ridisegno e la costruzione di un fitta rete di percorsi protetti per i mezzi pubblici, dentro e fuori le città, dentro e fuori i centri storici.

Riteniamo inoltre importante prendere in considerazione le forme innovative di servizio pubblico, ormai ampiamente sperimentate in Italia, in grado di coniugare utilità sociale e flessibilità del servizio (percorsi variabili, prenotazione in tempo reale: il servizio a chiamata / personal bus). Contestualmente al potenziamento del servizio di trasporto pubblico potranno e dovranno essere presi i necessari provvedimenti che possono variare da contesto a contesto, ma comunque tendenti a limitare il traffico, in particolare quello di attraversamento (l'eliminazione di percorsi di attraversamento, politiche di regolamentazione della sosta, il recupero di ambiti urbani di maggior pregio e/o più degradati, l'incentivo dell'utilizzo della bicicletta, progetti di "moderazione del traffico, individuazione di arre di interscambio per i parcheggi utili ai pendolari, individuazione e/o estensione di aree pedonali, di isole ambientali e di Zone a traffico limitato, ecc.).

A questi provvedimenti dovrà aggiungersi l'impegno concreto delle Istituzioni (Stato, Regioni, Province e Comuni) a promuovere attraverso gli strumenti di rispettiva competenza l'utilizzo di mezzi funzionanti con energia alternativa

GLI INTERVENTI SULLA RETE STRADALE

Abbiamo la consapevolezza che ad una domanda di mobilità così articolata come quella italiana non può essere data una risposta monomodale. Non tutto è trasferibile su rotaia. Infatti la nostra proposta parte da concetto di sussidiarietà tra le diverse modalità ed i diversi vettori.

Si tratta quindi di escludere possibili sovrapposizioni e competizioni modali; occorre attrezzare l'interscambio, programmare e progettare l'intermodalità. Per questo motivo non sono inserite nel nostro PGT le "nuove autostrade": la BreBeMi con la seconda cerchia tangenziale di Milano, la Pedegronda lombarda, la Pedemontana veneta, la Tibre, l'Asti-Cuneo, la Brescia-Lumezzane, ecc.

La nostra idea è quella, come già abbiamo detto, di costruire una proposta credibile che riguarda la viabilità e la sicurezza, ovvero un piano di manutenzione della rete stradale e l'articolazione di quest'ultima in una chiara gerarchia stradale.

La realizzazione di nuovi tratti stradali deve essere funzionale al completamento della rete e, comunque, coerente con quel ruolo sussidiario di cui abbiamo detto in precedenza.

Citiamo come esempio il percorso avviato ed i risultati ottenuti dai comitati e dagli enti locali delle province di Milano, Como, Varese, Lecco e Bergamo nella vicenda Pedegronda: alla soluzione autostradale della Regione Lombardia (denominata senza alcun pudore da Formigoni l'autostrada dei Parchi poiché attraverserebbe, devastandoli, ben cinque parchi!) hanno contrapposto una visione complessiva e una risposta combinata ferro-gomma. Bene, ora da quanto trapela, quest'ultima soluzione sembra essere quella che vanta maggiore credito presso i tecnici incaricati a compiere una verifica su scenari e soluzioni possibili. Una strada intercomunale (unita alla realizzazione della gronda nord ferroviaria) e non un'autostrada: ma era la nostra vecchia proposta!

E' amaro constatare come la scelta del Ministro Nesi di includere la Pedegronda autostradale di Formigoni (così come la BreBeMi della Camere di Commercio il cui progetto non è stato ancora né presentato né sottoposto al confronto con i Comuni interessati) tra le opere prioritarie del PGT indebolisca la posizione degli enti locali e ponga una pesante ipoteca sulla soluzione finale.

Questo nostro Piano Generale dei Trasporti e delle Infrastrutture trova inoltre la sua praticabilità se viene riconsegnato un nuovo protagonismo alle Ferrovie dello Stato e alle Aziende e Società pubbliche di trasporto.

Abbiamo contrastato la liberalizzazione e lo spezzatino delle FS, realizzati in una logica di riduzione delle Ferrovie dello Stato a nicchie di mercato, fronteggiamo analogamente, poiché il fine è identico, la trasformazione delle società e delle aziende pubbliche in fase di privatizzazione in holding appetibili ai finanziatori privati e destinate ad avere organizzazioni aziendali funzionali al profitto e non alla qualità e allo scopo del servizio erogato. Gli utenti divengono clienti, i lavoratori rappresentano costi.

Più in generale si deve ritornare ad investire maggiori risorse ma in modo più oculato; risorse per investimenti ma anche per spese correnti al fine di aumentare la quantità e la qualità dei servizi, per migliorare le condizioni degli utenti e dei lavoratori dei trasporti!

Su queste nostre proposte apriamo il confronto, dentro e fuori le istituzioni, tra i cittadini e tra i lavoratori, con i comitati, le associazioni, le organizzazioni sindacali. La nostra mobilitazione continua e questo nostro convegno rappresentano non la conclusione ma una tappa del nostro percorso.

Un ringraziamento va a tutti i presenti che hanno accolto questo invito, un ringraziamento particolare va alle compagne e ai compagni che ci hanno aiutato a preparare questo convegno e che si sono adoperati in questi mesi e che si adopereranno in futuro per la riuscita del nostro progetto. Grazie.

Daniele Cassanmagnago
Responsabile Regionale Trasporti Prc Lombardia.
MILANO, SABATO 2 DICEMBRE 2000