Provocazioni e prevaricazioni degli estremisti di destra a Monza

Cosa succede a Monza? Tutto a posto?

Perché chi indossa la kefiah non dovrebbe sentirsi sicuro?

Abbiamo ricevuto la lettera che segue e la pubblichiamo omettendo i riferimenti personali. La lettera è interessante perché mostra una realtà che, ad occhi estranei, suscita sconcerto ed alla quale noi ci siamo quasi abituati.

Monza è la città brianzola che più di altre ha “concesso” agibilità politica all'estrema destra. Questa è stata, negli anni '70, una continua fonte di provocazioni e intimidazioni come ben possono testimoniare coloro hanno fatto parte di partiti e movimenti politici della sinistra e sindacali.

Il Comitato Antifascista di Monza si fece addirittura carico di stilare un Rapporto sulla violenza fascista a Monza e circondario (1973).

Certo, non siamo più negli anni '70 ma la destra estrema non ha abbandonato certe sue “tradizioni” come evidenziato dalla lettera che pubblichiamo.

Cari colleghi che vivete o lavorate a Monza, oggi mia moglie, da cui vivo separato e con cui vive mio figlio xxx di quasi 16 anni, mi ha telefonato raccontandomi l’episodio che segue.

Ieri, domenica pomeriggio, mio figlio, un suo compagno di classe e le rispettive fidanzatine, passeggiavano in largo Mazzini nell’ora più affollata della “vasca”.

Erano vestiti “simil-punk” come molti ragazzi della scuola che frequentano, l’istituto ISA.

xxx ad un certo punto si è sentito strattonare e sottrarre la kefiah palestinese che aveva al collo.

Voltatosi, ha visto allontanarsi sei giovani dalla testa rasata.

Per fortuna xxx e gli amici sono rimasti freddi, capendo che non era il caso di reagire nei confronti di sei energumeni più grossi di loro, e la cosa è finita lì.

Vi scrivo per due ragioni.

La prima è che, come alcuni di voi sanno, sono da anni completamente impegnato nelle relazioni della vita civile dell’area Sesto-Cinisello-nord Milano, e invece colpevolmente a digiuno di informazioni su ciò che si passa a Monza.

Non so perciò se la sciocchezza successa a xxx è un episodio isolato, o no.

Mi è capitato però recentemente di constatare più volte la presenza, attorno alla stazione ferroviaria di Monza, di gruppi di ragazzi “skin” in sosta, con atteggiamenti tracotanti: non abbastanza però per “preoccuparmi” veramente.

Mi sono anche imbattuto nei manifesti su una serata di commemorazione dei profughi istriani e delle vittime delle foibe, promossa da un “cartello” di associazioni a me sconosciute con il patrocinio del Comune di Monza.

Il manifesto presentava una poesia di Gabriele D’Annunzio ispirata a un nazionalismo cieco, quanto mai incongruente con il tema della serata, se “commemorazione” significa leggere la storia e i suoi scandali, onorarne le vittime, esprimere giudizi su ciò che è capitato e da ciò trarne severo monito, e non invece rilanciare irrazionali “primati” tra chi ne ha date o prese di più, o peggio su chi aveva “diritto” di darne di più (il buon D’Annunzio viene citato a proposito degli “slavi” che sarebbero tutti “barbari” a fronte dei diritti della irredenta italica superiorità – e siamo nel 1920).

Insomma, mi scuso per l’ingenuità della mia domanda: cosa succede a Monza? Tutto a posto?

Il secondo motivo per cui vi scrivo è perché l’ho promesso a xxx. Alla sua domanda: “mi dite che ho fatto bene a non reagire, ma allora di fronte alle prepotenze bisogna subire?” sua madre ed io gli abbiamo risposto che una delle regole connesse alla manifestazione pacifica delle proprie idee è quella di non rispondere alle provocazioni di chi ha già nella mente l’ipotesi, o il tentativo, di fare del male.

Ma gli abbiamo detto che si può reagire facendo altro: in primis parlarne, comunicare, fare e ripetere un discorso civile che possa continuare a mantenere culturalmente isolati i costumi della prepotenza e le ideologie della prevaricazione.

Grazie per l’attenzione. (lettera firmata)

Redazione di Brianza Popolare
Monza, 25 marzo 2009