PAGINE
DELLA
RESISTENZA
CARATESE

CAPITOLO PRIMO

LA RESISTENZA CARATESE

L'unità di intenti e di ideali con cui operò il movimento della Resistenza accelerò nel tempo la conclusione della guerra e il momento della Liberazione.

Appare sempre più chiaro infatti che la Resistenza realizzò tali obiettivi proprio in virtù di questa prerogativa: essa non fu monopolio di un solo partito o di una classe sociale; fu un fatto storico di unità nazionale in cui i partiti e la popolazione tutta svolsero un ruolo determinante per il conseguimento della vittoria.

Ricostruire oggi tale unità è la premessa indispensabile per combattere il risorgere del fascismo.

Questo è il preciso insegnamento che ci viene dalla lotta partigiana, sofferta, combattuta e vinta grazie all'azione concorde e alla volontà comune dei suoi protagonisti.

Il ricordo dei Martiri caratesi, comunisti, socialisti, cattolici, azionisti ci insegna che assieme si combatte il fascismo e lo si combatte nello spirito della Costituzione.

Nella primavera di trent'anni fa, alla vigilia dell'insurrezione popolare del 25 Aprile 1945, la Resistenza caratese perdeva uomini e ragazzi di grande valore, impegnati in una lotta coraggiosa e instancabile.

A Pessano, trucidati, dal piombo nazi-fascista, cadevano sette giovani partigiani: Alberto Gabellini di anni 28, Mario Vago di anni 21, Romeo Cerizza di anni 21, Angelo Barzago di anni 20, Dante Cesana di anni 25, Claudio Cesana di anni 20, Angelo Viganò di anni 25.

Gli ultimi tre erano cittadini caratesi.

Ai loro nomi se ne affiancano altri, non meno degni del nostro reverente e commosso ricordo. Sono quelli di Augusto Cesana, pure di Carate, morto nel campo di concentramento per detenuti politici di Flossemburg, in Germania; di Andrea Ronchi, di Agliate, fucilato a Introbbio; di Sergio Devani, di Milano, medaglia d'argento al valor militare, sfollato a Verano e fucilato a Cambiago; di Luigi Cesana, di Verano, morto a Vercelli in seguito alle gravi ferite riportate in un'azione partigiana; di Mario Preda, anch'egli di Verano, affettuosamente soprannominato dai suoi compagni di guerriglia «Topolino»e caduto eroicamente a soli 15 anni.

Rievocando alcuni momenti ed episodi della loro vita, intendiamo, nelle pagine successive, ricostruire la personalità semplice e modesta, la dirittura morale, gli affetti familiari di questi uomini che, nel momento decisivo della lotta, scelsero senza tentennamenti la strada della clandestinità non per spirito d'avventura ma per un dovere verso se stessi, verso i loro cari e per l'amore per il loro Paese.

La Resistenza caratese non fu un fatto puramente locale ma si propagò e si estese oltre il territorio della Brianza; non si fermò in pianura ma proseguì in montagna e contribuì ad ingrossare le file dei partigiani di Cino Moscatelli, di Filippo Beltrami, di Gianni Citterio («Redi»)e di tanti altri valorosi comandanti.

Basterà qui ricordare, tra gli altri, i nomi di: Giuseppe Giussani, Achille Villa, Eliseo Villa, Antonio Colombo («Ermanno»), Pietro Vertemati, Carlo Calare, Giovanni Motta, Ambrogio Beretta, Gianni Merlini, Gerolamo e Angelo Preda fratelli di «Topolino»- , che combatterono tutti tenacemente in formazioni partigiane diverse e portano ancora oggi i segni delle ferite e dei patimenti affrontati in montagna, in un inverno impietosamente rigido e tremendo, durante il quale contribuirono a realizzare la «Libera Repubblica dell'Ossola»o imbracciarono un'arma per combattere su altre montagne dell'arco alpino.

A questi uomini, a questi giovani nostri concittadini, vanno affiancate nel ricordo le donne caratesi che diedero il loro generoso contributo in diverse attività, là dove la lotta clandestina lo richiedeva.

Rievochiamo le figure di Maria Zimbaldi, moglie del confinato politico e comandante partigiano Angelo Nobili («Giulio»), staffetta partigiana che teneva i contatti con il centro operativo di Milano. Perseguitata, incarcerata e seviziata a Dervio prima e a San Vittore poi, seppe tener testa con grande coraggio e forza morale agli sbirri neri finché, aiutata dal partigiano Tranquillo Annoni, poté raggiungere il marito che si trovava alla macchia a Rogolo nella Val Masino.

Altrettanto degna di ricordo è Giuseppina Cesana («Pina»), sorella di Dante Cesana, anch'essa instancabile staffetta net mantenere i collegamenti con il centro operativo di Desio e nel portare i messaggi del fratello ai singoli partigiani della zona.

Assai nota all'interno delle organizzazioni partigiane fu Entide Zecca, figlia adottiva del gappista Enrico Rimessi che, nonostante fosse appena quindicenne, seppe sfidare con spavalderia e spregiudicatezza le insidie tedesche e fasciste in un continuo e rocambolesco peregrinare che le permise di procurare armi, denaro, documenti per l'espatrio (rilasciati questi ultimi dall'allora Segretario Comunale) ad ebrei o partigiani ricercati che poterono così varcare il confine o raggiungere le loro destinazioni di montagna. Indomita staffetta dei gruppi d'azione antifascisti Caratesi, Entide Zecca si assunse anche il compito di mantenere i collegamenti con le Brigate G.A.P. di Milano; i suoi incontri con Nello Malegoli, coordinatore delle Brigate e con Zanardi, del gruppo STIPEL di Milano avvenivano spesso nelle cappelle mortuarie e nei sotterranei del Cimitero Monumentale.

La minaccia di morte ai renitenti alla leva dopo la scadenza dell'ultimatum concesso dalle autorità antifasciste. (25 maggio 1994)

In questa rievocazione non può non essere menzionato il coraggioso gesto di ribellione e di denuncia compiuto da un gruppo di donne cara tesi che, dinnanzi alle scuole «G.D. Romagnosi»- allora sede del comando tedesco di stanza a Carate affrontarono il Podestà Tosi, reclamando a viva voce condizioni di vita migliori e richiedendo, nella loro qualità di moglie e di madri, la fine di una guerra portatrice di lutti e di rovine nelle loro famiglie. Il Podestà Tosi, affrontato in modo così inaspettato e tumultuoso, si spaventò a tal punto che preferì disertare i locali del Municipio e rifugiarsi a Costa Lambro, dove abitava il Ministro repubblichino Spinelli.

L'organizzazione del movimento di resistenza a Carate nacque pochi mesi dopo la data dell'8 settembre 1943 giorno dell'armistizio e appare già in piena attività nei primi mesi del 1944, quando Dante Cesana, Carlo Riva e Carlo Vergani, tornati in Italia a seguito della disfatta su subita dall'A.R.M.I.R. in Russia» di Cusano Milanino, diedero vita alla «119a Brigata Garibaldi S.A.P. Divona».

Il comando della brigata venne affidato a Dante Cesana, designato col nome di battaglia di «Marco»; commissario di brigata fu Claudio Cesana («Tito»). La brigata era inoltre composta da: Angelo Viganò, Carlo Riva («Sergio»), Carlo Vergani il popolare Pirlin ottimo centravanti della U.S. Caratese Carlettino Vismara, Tranquillo Annoni, Guido Cesana passato poi nel C.L.N. , Attilio Bestetti, Giuseppe Merli, Giuseppe Cesana, Angelo Colciago tutti operai caratesi.

La Brigata era collegata con la Divisione «Bassa Brianza»comandata da Eliseo Galliani («Andrea»), di Biassono, mentre Enrico Novati - che diverrà Sindaco della Liberazione di Desio - era il vice-commissario incaricato di mantenere il collegamento con le altre Brigate operanti in Brianza. I luoghi d'incontro dei partigiani erano stabiliti di volta in volta; più frequentemente avvenivano in prossimità del cimitero di Vergo Zoccorino, raggiunto di notte, a piedi, con grave rischio personale, in mezzo ai boschi avvolti nella nebbia, spesso tra la neve e il gelo, sfidando il coprifuoco e le pattuglie fasciste. Finita la riunione, la via del ritorno era percorsa tagliando per i prati, velocemente e col fiatone grosso, alle prime luci dell'alba, appena in tempo per prendere il tram e recarsi in fabbrica.

L'attività svolta da questi partigiani consisteva in azioni di disturbo al regime repubblichino, con lancio di materiale di propaganda nel paese e soprattutto nei locali pubblici o nei covi degli stessi brigatisti neri. Il materiale di propaganda incitava la popolazione a rivendicazioni per una vita migliore, denunciava le malefatte dei nazi-fascisti, chiedeva la immediata cessazione della guerra di aggressione in cui l'Italia si trovava coinvolta, sollecitava la preparazione di scioperi generali per affrettare la cacciata degli invasori ed il definitivo abbattimento del regime fascista.

A queste azioni di denuncia e di sabotaggio del regime parteciparono in seguito numerosi giovani di Verano Brianza, tra cui i fratelli Pizzi e Angelo Mornati che costituirono un distaccamento facente capo al gruppo caratese.

Si trattava, nel complesso, di manifestazioni di ostilità che non permettevano certo alle autorità fasciste di dormire tra due soffici guanciali, tanto che vennero richiesti rinforzi di uomini e di munizioni, mentre nelle file partigiane si intensificava l'attività clandestina.

Luigi Colombo
Carate Brianza, 28 febbraio 1975
Stampatore originale: “Tipo - lito - ripamonti” - Villasanta - Milano
Trascrizione per Internet: Romeo Cerri mail: webmaster@brianzapopolare.it
Versione in formato RTF: 19750201_pagine_resistenza_carate.rtf