Rocard, Fabius, Mauroy: tre ex primi ministri francesi scrivono un manifesto che invita le sinistre continentali ad una vera e propria rifondazione

Socialdemocrazia diretta

Più che un testo un manifesto. A cominciare dalla fine, con quel «socialisti di tutta Europa unitevi!» dalle suggestioni, e dagli intenti, inconfondibili. Ma anche un lucido appello alle sinistre comunitarie, affinché escano dalla gabbia del pensiero unico e raccolgano, tutte assieme, le sfide della modernizzazione capitalistica. Sorprende che tra gli autori figuri anche Laurent Fabius, l'ex delfino di Mitterand che ha sempre incarnato "l'ala destra" del Partito socialista francese. In quanto agli altri due ex primi ministri, Pierre Mauroy è un vecchio socialdemocratico che negli anni 90 ha svolto un ruolo assai defilato, considerato poco più di una reliquia da nuovisti e rampanti vari. Michel Rocard invece possiede il profilo dello sperimentatore, grande animatore di gruppi di riflessione, un intellettuale «dallo scarso fiuto politico» infieriscono i suoi detrattori, ricordando come durante il suo esecutivo i socialisti precipitarono ai minimi storici.

Ora, questi tre pesi massimi del Ps sottoscrivono un documento di radicale rottura con gli orientamenti fin qui espressi dalle socialdemocrazie europee e le invitano ad un'autentica rifondazione, delle teorie come delle pratiche. L'autocritica è chiara che di più non si può: il centro-sinistra, non ha compreso la portata rivoluzionaria della globalizzazione capitalista, ha liquidato un passaggio epocale, come una semplice fase di assestamento dei rapporti tra economia e politica. Ragionando attraverso la lente distorta delle cornici nazionali e delegando comicamente ai mercati la regolamentazione dei rapporti economici, dal commercio mondiale al conflitto capitale-lavoro.

La sconfitta di Lionel Jospin e il conseguente disfacimento della gauche plurielle, hanno aperto una fase di profonda riflessione nell'ex maggioranza. Malgrado la batosta di primavera, il Ps rimane un partito di massa, votato dal 27 per cento dei francesi, la cui egemonia sulla sinistra d'oltralpe è fuori discussione. E'confortante che, salvo alcune eccezioni, le cause del tracollo siano state individuate nel moderatismo con cui la coalizione rosso-rosa-verde ha governato negli ultimi due anni di mandato legislativo. Incapace di opporsi ai licenziamenti di borsa che le sue imprese hanno applicato sul suo territorio (vedi le ristrutturazioni alla Danone, Moulinex, Air Liberté), sprovvista della pur minima visione internazionale, concentrata autisticamente nella lunghissima e sciaguratissima campagna presidenziale del suo leader.

Detto ciò, l'adesione ad una tale piattaforma non è solamente il frutto di un'improvvisa conversione "post mortem" degli sconfitti. Uno spregiudicato tatticismo politico. La sensibilità del corpo sociale del paese alle tematiche che i movimenti "no-global" pongono da almeno un lustro, è una caratteristica permanente del paesaggio politico francese dell'ultimo decennio. Dagli scioperi del servizio pubblico del dicembre 95, la società civile ha acquisito la consapevolezza che la restaurazione neo liberista è un processo che corrode il legame sociale e gli spazi di agibilità democratica. Non a caso il gollista Chirac, a ridosso delle elezioni, ha sempre fatto campagna "a sinistra": fu lui il primo a parlare di «frattura sociale», di strapotere del mercato, cercando esplicitamente i consensi delle classi popolari e demarcandosi dai suoi concorrenti filo-liberali.

La Francia è anche il paese dove cento deputati della Repubblica s'iscrivono ad Attac e sostengono la "Tobin Tax" per tassare i movimenti dei capitali speculativi. Per il ministro Pisanu e le sue liste di proscrizione sarebbero i membri di un'organizzazione di facinorosi ultràs, devastatori di città d'arte. Per i riformisti nostrani un club di idealisti sognatori, poco avvezzi alle sottigliezze della realpolitik. Uno sfasamento che la dice lunga sull'arretratezza e il provincialismo delle nostre classi dirigenti.

Daniele Zaccaria
Roma, 2 novembre 2003
da "Liberazione"