A proposito dell'asse Prc-Ds

PRC: Curzi contrattacca

In una lettera all'«Unità» conferma il dissenso su Folli, ma anche sulla svolta ulivista
Il direttore si prepara al confronto nella direzione del 18 giugno.
Il dissenso è sul «Corriere della Sera» ma soprattutto sull'accordo Bertinotti-D'Alema

Lo scontro tra il direttore del quotidiano del Prc Liberazione e la leadership del partito non si è affatto concluso. Criticato aspramente e sconfessato da Bertinotti per aver attaccato la nomina di Stefano Folli alla guida del Corriere della Sera, isolato dal gruppo di testa del suo giornale, Sandro Curzi ha scelto di passare al contrattacco con una mossa clamorosa tanto nel metodo quanto nel merito. Ha inviato una lunga lettera all'Unità, che la ha pubblicata ieri, non solo per ripetere uno per uno i motivi del suo dissenso dalla posizione del segretario sulla nomina di Folli, ma anche per criticare apertamente la «svolta» nei rapporti con l'Ulivo. Curzi ricorda di non aver mai sostenuto la tesi che vedeva nella destra e nell'Ulivo due facce della stessa medaglia. Concorda sull'«obiettivo senz'altro giusto» di arrivare a un accordo di programma tra Ulivo e Prc, anche se lamenta che la svolta sia avvenuta senza metterne al corrente il giornale, che avrebbe potuto «prepararla e accompagnarla».
Ma sulle modalità con cui si sta materialmente compiendo l'operazione, e dunque sulle sue prospettive, Curzi affonda la lama. Chiede una discussione che affronti temi spinosi, che si chieda «perché dopo aver previsto e aiutato movimenti tanto ampi e radicali non li abbiamo intercettati nel voto», che metta all'ordine del giorno «quali siano le discriminanti minime ma essenziali per un accordo di governo».

Con questa mossa, Curzi si prepara al confronto nella riunione della direzione del prossimo 18 giugno. In quell'occasione, fa sapere, non si dimetterà ma metterà la direzione di fronte a una scelta: «Voi mi avete nominato. Decidete voi se devo restare o me ne devo andare». Dopo la lettera all'Unità, mantenerlo al posto di comando equivarrà giocoforza a confermarne la direzione effettiva e non solo nominale. Curzi, insomma, mira a bloccare la manovra che vorrebbe mantenerlo alla guida di Liberazione, ma svuotando il ruolo di ogni potere effettivo.

Nel quotidiano, del resto, il clima negli ultimi giorni è stato a dir poco pesante, e i rapporti del gruppo più vicino a Bertinotti col direttore dissenziente gelidi. Curzi è stato accusato più volte di essere «antipatizzante nei confronti del segretario». Le due posizioni opposte sul caso Corriere della Sera sono tornate a misurarsi ieri, nell'assemblea che doveva decidere la partecipazione o meno del giornale allo sciopero dei giornalisti proclamato per martedì prossimo. E' passata la linea favorevole alla partecipazione, ma con il parere contrario della codirettrice Rina Gagliardi e del vicedirettore Salvatore Cannavò.

Lo scontro sulla nomina di Folli, come la stessa lettera di Curzi all'Unità dimostra, è comunque solo la punuta emergente di un conflitto di ben più ampie dimensioni. Sullo sfondo c'è la sterzata di Bertinotti e il rapporto privilegiato che si è instaurato tra lui e Massimo D'Alema, dribblando lo stesso segretario dei Ds Fassino. Non a caso, nella riunione della segreteria diessina di martedì scorso, è stato direttamente il presidente della Quercia a elencare i termini dell'accordo con il Prc in vista delle elezioni del 2006, dandolo senza mezzi termini per già siglato. E proprio la lunga intervista di Rina Gagliardi a D'Alema, pubblicata su Liberazione giovedì scorso, è stata uno dei principali motivi di frizione nel quotidiano. Curzi ha infatti criticato pesantemente il tono estremamente accondiscente dell'intervistatrice, nonché la scelta di far rivedere il testo prima a Bertinotti, poi a D'Alema, poi di nuovo a Bertinotti. «Forse era meglio se la siglavi senza firmarla», dicono che abbia suggerito ironico alla Gagliardi.

Curzi, infine, ha anche preso male la decisione di non convocare la direzione per discutere dei risultati elettorali, che se politicamente confermano la posizione determinante del Prc, non sono però altrettanto lusinghieri dal punto di vista dei numeri e delle percentuali. Bertinotti ha preferito rinviare la riunione sino a dopo il referendum. Sa perfettamente di dover affrontare una scadenza difficile, e non solo per il conflitto con Curzi. La minoranza di sinistra è decisa a organizzare, come afferma Marco Ferrando «una battaglia d'opposizione senza precedenti» contro la svolta, sino alla richiesta del congresso eccezionale. Se il segretario arriverà all'appuntamento avendo intascato un buon risultato al referendum, non avrà nulla da temere. In caso contrario tutto potrebbe diventare per lui molto più difficile.

Andrea Colombo
Roma, 7 giugno 2003
da "Il Manifesto"