CAPITOLO SECONDO

L’area metropolitana Milanese

L’area Milanese, che ha complessivamente, quasi il 40% di suolo occupato, negli ultimi venticinque anni ha avuto una forte trasformazione, dovuta al trasferimento fuori delle mura della capitale, sia di funzioni occupazionali che residenziali. Ciò ha generato forti processi di mobilità e quindi un intenso incremento dei flussi di traffico.

In particolare si sono spostati sul territorio provinciale attività di carattere commerciale, terziario e direzionale che hanno attinto ad un mercato del lavoro vasto, sovraccomunale prevalente su quello locale.

"Nel 1981 il numero degli occupati che aveva il posto di lavoro fuori del proprio comune, era il 36.3% mentre nel 91 era salito già al 45,4%. ….…Complessivamente nel 1991, 1.500.000 di persone si muoveva in provincia di Milano per raggiungere il proprio posto di lavoro."

Gli spostamenti sono quindi aumentati significativamente e si sono trasferiti dal territorio cittadino a quello metropolitano.

Infatti".. i processi di mobilità per motivi di lavoro assumono sempre meno una conformazione radiale, per acquisire sempre più caratteristiche di multidirezionalità, contribuendo così a densificare le relazioni e quindi a rafforzare il grado di interconnessione tra diversi sistemi territoriali sia a scala sub-metropolitana che a scala interprovinciale".

Questi movimenti multipolari tra diverse zone periferiche si sovrappongono alle antiche relazioni pendolari centro-comprensorio e, allo stato attuale, sono costrette a servirsi del trasporto privato e del sistema della viabilità interna alle aree urbane, unica alternativa possibile. La congestione che deriva dal traffico giornaliero bidirezionale tra le zone di corona raggiunge livelli molto elevati: ad esempio l'asse di attraversamento trasversale ai confini sud di Sesto S. G. e Cologno Monzese raggiunge un numero di veicoli giorno pari a circa 56.000 unità, contro le 110.000 unità della Tangenziale Est milanese.

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Mobilità prevalente a breve e medio raggio.

Il grosso degli interventi per il miglioramento della mobilità collettiva vengono spesso concentrati, su infrastrutture di lunga percorrenza e per una fascia modesta di utenza, come nel caso del progetto TAV, ma la maggior parte degli spostamenti complessivi avviene su lunghezze brevi o medie. Secondo il Ministero dell’Ambiente il 60%, dei movimenti di merci e di persone, avviene nelle aree urbane. Il PIM calcola che in provincia di Milano, nel 1991 solo il 13% degli spostamenti aveva origine e destinazione interprovinciale mentre la gran maggioranza avveniva in ambito provinciale, anche perché in quest’area sono concentrati quasi la metà dei posti di lavoro dell’intera regione.

In generale si può affermare che la mobilità ha avuto negli ultimi due decenni, un’espansione significativa dalla città verso la provincia. Quest’espansione non si è fermata ma tende ad esondare dai confini dell’area metropolitana stessa. Nella metropoli milanese comunque, si muove il grosso della mobilità sistematica, o pendolare, di persone e merci su un raggio di movimento passato dai 5 km degli anni ‘70 a circa 20/25 km attuali. La differenza sostanziale è che quest’area è priva del sistema di trasporto pubblico presente nel capoluogo, che se non eccellente è comunque di buona qualità.

E’ mancata quindi un’adeguata risposta di trasporto pubblico a quest’aumentata esigenza di mobilità, sia di tipo trasversale e tangenziale, sia di tipo radiale (da e per Milano), dove negli ultimi anni si è registrata una forte riduzione dell’uso dei mezzi pubblici. In mancanza di un trasporto pubblico efficiente i pendolari si sono orientati verso l’uso del mezzo privato, in particolare della macchina. Secondo il rapporto ‘96 di Legambiente sull’ecosistema urbano, Milano è la metropoli che consuma più carburante. Anche la Camera di Commercio di Milano concorda che: "L’esiguo spazio dato sia qualitativamente che quantitativamente al trasporto pubblico, ed in particolare al trasporto su ferro, ha contribuito ad un uso dei suoli caratterizzato da un eccessivo consumo di aree agricole e da una diffusione a macchia d’olio dei centri abitati non supportata da infrastrutture adeguate, in base ad un processo sicuramente meno oneroso per le amministrazioni comunali a breve termine, ma nel contempo causa della creazione di aree ad altissima congestione e degli attuali costi ambientali delle grandi aree urbane e metropolitane.

Basta attestarsi una mattina su qualche strada provinciale per assistere ad una fila ininterrotta di auto, con un solo passeggero, il conducente, che si avvia al proprio posto di lavoro.

In particolare, nel decennio 1981–1991 nei movimenti non radiali, c’è stata una riduzione dell’utenza del trasporto pubblico dal 36% al 27%, mentre è cresciuta quella del trasporto privato dal 64% al 73%. La stessa tendenza si è avuta nei movimenti da e per Milano dove il trasporto pubblico è calato nel medesimo periodo dal 58% al 48%. Complessivamente nella provincia di Milano i flussi su mezzo pubblico sono calati del 29%, mentre la mobilità su mezzo privato è in netta crescita. I comuni della provincia sono quelli più penalizzati dall’inefficienza del trasporto pubblico (che non raggiunge il 20%) dove, viceversa, imperversa l’uso dell’auto privata (superiore all’80%). Il sistema di trasporto pubblico non si è degradato solo in quantità ma anche in qualità. Infatti, si assiste di continuo a comitati di pendolari che sono costretti a organizzare manifestazioni di protesta, compreso lo sciopero del biglietto e il blocco dei binari, non solo per il mancato rispetto degli orari dei mezzi pubblici, che sovente rappresenta un elemento di decurtazione della busta paga, ma anche perché sono costretti a viaggiare in veri e propri carri bestiame. L’unica risposta che è arrivata è stato l’aumento del biglietto, come dire oltre i danno la beffa.

Ma la richiesta di trasporti pubblici è molto forte tant’è che secondo il Censis il 13,8% degli utenti chiede una maggiore frequenza, il 17,9% chiede più linee centro – periferia e l’8,9% più linee periferia - periferia.

Una richiesta cui le amministrazioni pubbliche dovrebbero rispondere con priorità assoluta e con il massimo impegno sia in fase di pianificazione - programmazione che di progetto e realizzazione. Solo un servizio pubblico efficiente, confortevole e rapido può diventare competitivo con l’automobile e quindi ridurre il traffico e la congestione. Le nostre amministrazioni pertanto, devono avere il coraggio di fare una scelta secca tra automobile e trasporto pubblico in favore di quest’ultimo, con i fatti e non a parole.

Una scelta di facile attuazione, perché Milano che non è solo una grande metropoli ma anche il centro di una regione urbana molto sviluppata, con una struttura macrourbanistica basata su un insieme policentrico d'insediamenti, di piccola e media dimensione, ha una storica struttura, che può essere considerata ottimale per evitare fenomeni di congestione urbana e per mantenere bassi i costi sociali ed ambientali delle urbanizzazioni, con un sistema di trasporto di massa adeguato, efficiente ed esteso su tutta l'area.

E’ questo l’orientamento che hanno le amministrazioni della Metropoli Milanese? Assolutamente no.

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Le infrastrutture proposte nell’area Metropolitana Milanese

Il Presidente della Provincia di Milano Livio Tamberi, in qualità di Presidente dell’Unione Province Lombarde ha presentato alla stampa il 9 Ottobre 1997, un documento in cui si propongono un complesso di infrastrutture stradali e ferroviarie per la Lombardia. Gli Ispiratori del documento sono due docenti del Dipartimento Scienze del Territorio del Politecnico di Milano: Ugo Targetti, Assessore al territorio viabilità e trasporti della Provincia di Milano (coordinatore del gruppo di lavoro dell’UPI) e Giuseppe Boatti, consulente della provincia in materia di pianificazione territoriale.

Contestiamo quel documento sia nel metodo che nel merito!

Il metodo: è stato presentato alla stampa un documento autocratico di pianificazione territoriale che non è stato discusso e verificato in alcun consesso assembleare elettivo, neanche da quell’organismo fantasma che è l’assemblea delle province lombarde. Chiunque può fare, legittimamente, le proposte che ritiene opportune, ma se assumono rilievo istituzionale, esse, in un sistema democratico, vanno sottoposte a verifica degli organismi liberamente eletti dai cittadini a cui la legge 142/90 assegna compiti di indirizzo e di controllo. I consiglieri della Provincia di Milano, ad es., hanno avuto notizia di quel documento dalla stampa e abbiamo motivo di ritenere che così sia successo anche per la Giunta.

Il merito: nella sostanza il documento ripropone ad un livello istituzionale sottratto al controllo, una serie di proposte di nuove strade, autostrade e megatangenziali che da noi sono state contestate e divenute anche di recente oggetto di forte tensione, tra gli alleati di governo della Provincia di Milano. I Verdi infatti, anche se da soli, hanno osteggiato e contestano, la volontà di inserire nella pianificazione territoriale la Pedegronda e le altre infrastrutture stradali, come dettagliato più avanti. Il capitolo dedicato alle infrastrutture ferroviarie meriterebbe certamente di essere approfondito nelle sedi opportune ma non si condivide l’impostazione data per il sistema "Alta Velocità". Si fa rinvio, per i dettagli, all’Appendice di questo fascicolo.

Il documento comunque riprende le proposte emerse in alcune elaborazioni propedeutiche al PTCP, fatte dal Prof. Giuseppe Boatti e presentate agli Organi della Provincia di Milano, che, individuando uno schema infrastrutturale viario necessario all’area metropolitana e lombarda, propongono il pezzo forte, ovvero una nuova tangenziale intorno a Milano.

Ciò in contrasto con gli indirizzi di governo della Giunta Tamberi, dove vi era un’espressa volontà contraria in proposito. Tale schema assegna le seguenti priorità:

Quest’ultima priorità, per la verità, non compare nelle ultime proposte.

Si fanno inoltre più insistenti le ipotesi (di vario genere) per un nuovo collegamento Milano - Brescia, proposte che si erano sopite, dopo le brutte, ma recenti, avventure prandiniane.

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Malpensa 2000

In considerazione del fatto che l’autostrada Milano Varese è satura e non sopporterebbe il traffico generato dall’apertura del nuovo aeroporto di Malpensa, si ritiene indispensabile un potenziamento stradale e autostradale dell’area, imperniato su un collegamento autostradale dell’Aeroporto con le autostrade A4 (MI-TO) e A8 (MI-VA) . La Provincia di Varese ha già approvato e trasmesso alla Regione, il Piano d’area predisposto dal PIM, mentre per quanto riguarda il territorio Milanese vi sono pareri diversi sui tracciati, tra Regione e Provincia.

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Le proposte della Regione Lombardia

I progetti del Pirellone prevedono un collegamento Autostradale dell’aeroporto di Malpensa con Boffalora Ticino, Vermezzo e, costeggiando la SS 494, la Tangenziale Ovest. Il collegamento autostradale avrebbe anche una diramazione verso Legnano, per collegarsi all’A8 (MI-VA) e alla Gronda Intermedia. La proposta prevede anche un nuovo tracciato di variante alla SS 33 "del Sempione", da Milano a Gallarate e alla SS 341 a Samarate, nonché il collegamento delle nuove bretelle autostradali con l’A4 ad Arluno. Queste peraltro non sono semplici proposte ma oggetto di un’apposita convenzione sottoscritte il 1° Agosto 1997 da: Regione Lombardia, SEA e ANAS. Il progetto definitivo, cofinanziato dai sottoscrittori e realizzato da professionisti privati, dovrà essere pronto entro un anno. La legge 2.340 ha destinato 60 MLD alla realizzazione del sistema viario connesso a Malpensa 2000. (per inciso dobbiamo rilevare come il collegamento Boffalora – Vermezzo è già il primo tratto della proposta "eventuale" fatta dalla Provincia di Milano).

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Le proposte della Provincia di Milano

I progetti della Provincia di Milano, che si vede marginalizzata, almeno in questa fase, prevedono tracciati simili a quelli regionali, cambiano solo le funzioni. Per il collegamento Malpensa A4 si prevede un tracciato che invece di collegarsi a Boffalora Ticino, s’innesta ad Arluno, seguendo più o meno il percorso di variante delle SS 33 e 341 proposte dalla Regione. Esso si dovrebbe collegare anche con la Gronda Intermedia a sud di Legnano.

Non viene disconosciuto, anzi si ritiene d’importanza strategica un collegamento "efficiente" Malpensa – Pavia.

Pedegronda

Questa denominazione nasce da un matrimonio di due progetti: la Pedemontana e la Gronda Intermedia.

Il sistema autostradale proposto è articolato in due settori quello Comasco - Varesino con un’estensione di 60 km e quello della Gronda intermedia lungo 54 km, con un costo presunto di circa 4.000 miliardi

Il vecchio tracciato della Pedemontana, già fortemente contestato dalle associazioni ambientaliste e dagli enti locali, rimarrebbe tale da Varese a Como, mentre sarebbe abbandonato il proseguimento fino a Bergamo. Da Como, il tracciato prosegue a sud verso Cantù, inserendosi sulla superstrada Comasina fino a Cesano Maderno, dove confluirebbe nella Gronda Intermedia. Le caratteristiche sarebbero quelle di un’autostrada.

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Gronda Intermedia

Il centro studi PIM ha elaborato, per conto della Regione Lombardia, un progetto che si estende da Legnano a Dalmine per 54 Km, con due corsie per senso di marcia e una d’emergenza, con una larghezza totale di 25 metri. Il primo lotto che si attesta a Usmate Velate, ha uno sviluppo complessivo di 33 Km, a cui si aggiungono 16 km di strade complementari e 16 svincoli. Buona parte del percorso verrebbe realizzato in viadotto, trincea e galleria artificiale o naturale, con una movimentazione terra di nove milioni di mc circa. La nuova autostrada attraverserà oltre che centri cittadini densamente abitati, zone naturali di particolare pregio e di elevata criticità ambientale, come i Boschi di Origgio, i Parchi del Ticino, delle Groane, della Valle del Lambro, dell’Adda, del Serio, dell’Oglio. Il costo presunto è di mille miliardi, pari a circa 34 miliardi al km, cifra sottostimata, secondo alcuni. I comuni interessati dal primo lotto sono: Legnano, Rescaldina, Cerro Maggiore, Uboldo, Origgio, Saronno, Ceriano Laghetto, Solaro, Limbiate, Cesano Maderno, Bovisio Masciago, Desio, Lissone, Seregno, Biassono, Macherio, Lesmo, Arcore, Usmate Velate, Vimercate.

Questa autostrada di cui si parla fin dagli anni ‘70, sarebbe realizzata per risolvere i maggiori problemi di traffico nell’area metropolitana milanese causati dalla mancanza di collegamenti di tipo tangenziale – trasversale, soprattutto nelle aree densamente urbanizzate del Nord Milano. Pertanto le funzioni assegnate sarebbero quelle di servire efficacemente l’area della Brianza Milanese e del Nord Milano. Essa attrarrebbe un traffico veicolare di 50.000 / 60.000 veicoli giorno. A nostro parere sarebbe almeno il doppio.

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La Provincia di Milano

La Provincia di Milano, o meglio, l’assessore alla pianificazione territoriale, non concorda con le funzioni locali assegnate dalla Regione e dal PIM a tale struttura. Chiedono che il calibro della strada sia portato a tre corsie per senso di marcia, più una di emergenza (totale 37,50 m) e, che essa venga saldata all’autostrada A4 sia ad Ovest, ad Arluno, che ad Est (in un primo tempo era stato previsto un innesto ad Agrate, successivamente a Dalmine, l’ultima proposta lo prevede dopo Bergamo), in modo da farla diventare un grande itinerario internazionale autostradale, per spostare a nord il traffico di transito di lunga percorrenza nel tratto Milanese dell’A4.

Essa comunque, non sarebbe l’unico itinerario Est – Ovest: "Deve essere infatti prevista in contemporanea anche la realizzazione della cosiddetta tangenzialina (situata più a nord), in modo da ripartire il traffico su quattro strade (Rho-Monza, A4, tangenzialina e gronda). Questa proposta prevede anche la contestuale realizzazione del tratto pedemontano ed è persino peggiorativa di quella elaborata dal PIM, che già avrebbe un pesantissimo impatto ambientale.

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I costi

La Pedegronda avrebbe un costo complessivo di quasi 4.000 miliardi. L’ANAS, per il triennio 97/99 ha previsto uno stanziamento per la Pedemontana, di 145 mld ed ha a disposizione per programmazioni e lavori, in tutto il paese, 8.610 miliardi. L’opera quindi difficilmente potrà essere finanziata dallo stato. Quest’argomento potrebbe rivelarsi il miglior alleato degli ambientalisti, anche se sul tema le proposte si sprecano, si va dalle richieste di finanziamenti comunitari, alle concessioni, alle partecipazione dei privati, al project financing ecc.

La Provincia stessa corre in soccorso attraverso la società Serravalle SPA che potrebbe mettere a disposizione quasi 1.000 miliardi per interventi di riqualificazione (uso beffardo di questo termine) di alcuni tratti (Milano – Meda, Cormano – Desio, Desio – Legnano). Questo meccanismo consentirebbe di aggirare i vincoli della legge 531/82, che vieta la costruzione di nuove autostrade.

Ma quanti servizi collettivi si possono attivare con 4.000 miliardi? Secondo alcune previsioni basterebbero 60 miliardi per rendere operante la Pedegronda ferroviaria. La Fit Cisl ha commissionato uno studio propedeutico per il collegamento ferroviario Malpensa - Brescia, un tratto ferroviario composto da tratti di linee già esistenti, ad eccezione del tratto Sacconago – Malpensa in fase avanzata di progettazione, ed altre in fase di raddoppio, Sacconago – Saronno. Questo asse di 129 km che si percorrerebbero in un tempo medio di 98 / 118 minuti, ha una potenzialità di 50 / 60 treni al giorno su alcune tratte e di 200 su altre.

Anche l’Aci di Milano attraverso il suo Vicepresidente Fabio Semenza ha avanzato una proposta di riassetto del sistema ferroviario della Lombardia, con costi anch’essi inferiori a quelli che si dovrebbero sostenere per nuove autostrade.

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Quest’autostrada non s’ha da fare!

Cresce la mobilitazione.

Contro l’ipotesi di Pedegronda si sono già pronunciati il WWF, Legambiente e Italia Nostra, 15 Comuni tra cui Cesano Maderno, Desio, Bovisio Masciago e Biassono. La mobilitazione sta crescendo anche tra i cittadini che stanno formando comitati e raccogliendo firme. Un gruppo di ventisei medici di Cesano Maderno ha calcolato che il passaggio quotidiano di 50 mila veicoli, lungo il tratto cittadino produrrebbe gas tossici pari a un miliardo di litri al giorno. Il danno ci sarebbe anche se il tratto viaggiasse in tunnel perché ovviamente, i gas inquinanti finirebbero lo stesso nell’aria in forma semmai più concentrata.

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Tangenziale della Cerca

Da tempo si parla di costruire un nuovo collegamento tangenziale tra Melegnano e Agrate, passando per Mediglia, Settala (dove si interconnette con la Paullese, in fase di ampliamento), Melzo (dove si interconnette a sud, con la Rivoltana e a nord, con la Cassanese). Ancora non ci sono progetti in proposito ma, anche se il dibattito è meno acceso, si fanno sempre più insistenti gli interventi, in particolare all’interno della pianificazione provinciale e regionale, a favore di un’autostrada a due corsie per senso di marcia più una d’emergenza. Alcuni Comuni, ad es. Settala, hanno già previsto nei propri strumenti urbanistici il passaggio di quest’autostrada. Il concetto ispiratore è sempre lo stesso: è necessario costruire una nuova tangenziale ad Est perché quella attuale è satura, poiché il traffico di transito si somma a quello interno all’area con pesanti effetti congestionanti. Questa nuova autostrada quindi dovrebbe servire a spostare all’esterno una parte del traffico attualmente gravante sulla tangenziale est. E’ utile ricordare che sia nel tratto di attraverso cittadino dell’A4 sia ad Est le tangenziali sono state allargate nel 90/92, con la costruzione della terza corsia. Esse però si sono immediatamente saturate, è questa la prova più evidente che costruire più strade non vuol dire meno traffico, ma più vetture circolanti che, inevitabilmente satureranno anche le nuove arterie. Pertanto siamo contrari a questo progetto.

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Milano – Brescia

L’A4, specie nel tratto Milano Brescia, è un’arteria a forte intensità di traffico, (oltre 200.000 mezzi al giorno) e ad alta pericolosità. Da molto tempo vengono formulate soluzioni alternative o di potenziamento anche se la strada è già a tre corsie per senso di marcia. Già in occasione dei mondiali di calcio del ‘90, l’allora ministro Prandini, tentò di costruire una nuova autostrada di collegamento, sull’asse S.Donato, Crema, Pandino, Brescia. Il progetto fu bloccato dalla Regione Lombardia, dove la Giunta Rosa – Verde lo archiviò. I desideri di nuova autostrada, in ogni caso non sono per nulla sopiti e semmai sono più articolati e come per il restante territorio regionale sono diversi i soggetti che con competenze varie e a volte sovrapposte avanzano proposte e progetti che qui sintetizziamo.

Il traffico giornaliero medio sulla Cassanese e sulla Rivoltana nel 93/94 (prov. Di Milano) ammontava a circa 60.000 mezzi (dato a nostro parere sottostimato), cosa che comporta, specie nelle ore di punta una forte congestione, in particolare nei varchi di accesso a Milano di via Forlanini, via Corelli, via Pitteri e via Rombon nonché una situazione di grave inquinamento specie nei comuni di Pioltello e Segrate, tagliati a fette da queste arterie stradali.

Il progetto proposto, sarebbe letale per questi Comuni e per i varchi di accesso a Milano, perché avendo caratteristiche autostradali, oltretutto esenti da pedaggio, drenerebbero molto del traffico dell’A4, come suggerisce la stessa SINA. Si può pertanto realisticamente ipotizzare una cifra vicina di 150.000 mezzi al giorno che si riverserebbero sulla Rivoltana e sulla Cassanese, per confluire nel budello di Viabilità Speciale di Segrate e quindi in via Rombon. Ciò ovviamente non sarebbe una soluzione per la congestione dell’A4 perché, come abbiamo spiegato servirebbe a generare altro traffico.

Non condividiamo questi progetti e contestiamo da sempre la realizzazione di una Viabilità speciale che in teoria dovrebbe servire l’ex Dogana di Segrate ma nei fatti si trasforma nel tratto terminale milanese di una nuova autostrada Milano – Bergamo – Brescia, mentre siamo favorevoli al completamento di una strada a vicolo cieco tra la Tangenziale Est e il centro intermodale di Segrate.

Altra cosa ovviamente è la messa in sicurezza (compreso il controllo della velocità) dell’autostrada Milano - Brescia, cosa non solamente necessaria ma doverosa, visto che gli incidenti gravi non si verificano solo nelle ore di punta. Occorre ricordare comunque che attualmente la tratta ferroviaria Milano - Brescia offre un servizio pessimo all’utenza sia per la qualità che per la puntualità, e per questi motivi sono frequentissime le contestazioni dei pendolari, specie nel tratto Treviglio – Milano. Ciò ovviamente ha un effetto diretto sul congestionamento dell’autostrada Milano – Bergamo – Brescia.

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SS Paullese

La SS 415 Paullese era percorsa nel 1989 da un traffico giornaliero medio pari a 44.200 mezzi (secondo altre stime il dato aggi è arrivato a 70.000), con un’incidenza del 22% di veicoli pesanti ed ha alcuni punti di forte pericolosità, ad es. l’incrocio con la SP. 39, "Cerca".

Nel 1990 sono iniziate le opere di "riqualificazione" sulla base di un progetto predisposto dall’ANAS che prevedeva un primo tratto dalla Tangenziale Est all’incrocio con la "Cerca", a doppia carreggiata, largo 18,60 metri, con spartitraffico, banchine laterali e sovrappassi degli incroci e, un secondo tratto, fino a Spino d’Adda, con soli interventi di sovrappasso in prossimità di alcuni incroci. La spesa complessiva prevista era di 87 MLD.

I lavori però sono stati interrotti, all’altezza di Peschiera Borromeo lasciando cantieri aperti e zone di accentuato pericolo.

A Giugno 1997 gli Enti interessati hanno raggiunto un protocollo d’intesa, con il quale riconoscono la SS 415 opera prioritaria e si impegnano a reperire le risorse necessarie alla riqualificazione, sulla base però di un nuovo progetto che amplia il precedente trasformando la struttura in autostrada senza pedaggio. Il progetto predisposto da ERREVIA S.r.l., (giugno 97) per il tratto Peschiera Borromeo - Paullo, di 9 Km, prevede una struttura a due carreggiate per senso di marcia, con banchine di emergenza e spartitraffico, per complessivi 23 metri di larghezza. Tipo III° CNR. Il costo previsto è di 93.320.000.000, finanziato per il 20% dalla Provincia di Milano (che si accolla anche la spesa di 5.000.000.000 per la progettazione), per il 50% dall’ANAS, per il 30% dalla Regione Lombardia). L’attestamento a Paullo è solo provvisorio perché gli altri tratti saranno definiti con accordi specifici con le Province di Lodi e Cremona. L’intenzione è quindi di proseguire con la stessa struttura fino a Cremona.

Il protocollo d’intesa prevede anche la procedura di VIA nonchè "La definizione e la sottoscrizione di un’intesa per lo studio di fattibilità di un trasporto pubblico alternativo in sede propria, congruente con la progettazione dell’infrastruttura viaria".

Un ordine del giorno sul tema, presentato da Verdi e approvato dal Consiglio Provinciale, impegna l’Amministrazione Provinciale a sottoscrivere con rapidità l’intesa e a prevedere la realizzazione contestuale della linea di trasporto pubblico.

Uno studio in proposito esiste già, è stato elaborato nel 1991 dalla Snamprogetti, prevede 4 ipotesi diverse e, secondo il WWF, la migliore soluzione sarebbe una metropolitana leggera con caratteristiche tranviarie, che può attrarre una quota consistente di pendolari, vicino ai 50.000 passeggeri/giorno, sgravando così il traffico stradale. Un progetto vitale per tutta l’asta della Paullese, non servita dal Servizio Ferroviario Regionale (ne Milano – Treviglio, ne Milano – Piacenza)

Ciò porta a concludere che non è assolutamente necessario realizzare un’autostrada senza pedaggio quale quella prevista, pertanto riteniamo che vada ridimensionato il progetto che deve predisporre la Provincia di Milano, (ma anche quelli che riguardano le altre Province) per ricondurlo almeno all’ipotesi 1990, prevedendo la contemporanea realizzazione del servizio di trasporto pubblico in sede propria.

 

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