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Lenta, la colonna sfila sull'asfalto umido: quadrivio di Bevera, Barzago a destra un po' discosto sulla strada, boschi, una discesa... Ecco, là in fondo dove la china ha termine c'è l'incrocio di Bulciago, ci sono i patrioti, c'è la mitragliera con la canna volta verso di loro che arrivano.
Con lo sguardo l'ufficiale comanda ai suoi uomini di tacere; e tacciono. Tacciono la possibilità orrenda d'essere uccisi dai fratelli d'arme e di fede; eroicamente tacciono per non buttare allo sbaraglio quelli che attendono spiando dai cigli e dai rialti, per non tradire con essi la causa...
La china digrada, lunga e dolce, verso un abisso...
Mezzanotte meno un quarto.

 
 
 
Antonio Cantoni   Adamo Degli Occhi   Francesco Mozzanica
         

"Rabot"
ANTONIO CANTONI
di Milano
Primo ferito della
"Puecher" Comandante
dell'importante
distaccamento di
Bulciago. In seguito
alla ferita sostituito
da "John" Tommaso
Grasso.

 

S.Ten. ADAMO
DEGLI OCCHI
di Milano
Com. Distaccamento di
Bevera
Comandante gruppo
ostaggi.

 

FRANCESCO
MOZZANICA
di anni 24 di Barzago
Mutilato - ferito a
Rovagnate

 
 
 

A Bulciago l'attesa è divenuta nervosa, poi spasmodica: perchè non tornano?
Altri uomini sono arrivati ad ingrossare il presidio; c'è anche un gruppo di garibaldini della 176 di Renate, comandati dal valoroso Serafino Roda (da alcuni mesi in stretto contatto col commissario Rivolta che l'ha conosciuto per mezzo del parroco di Renate, Don Pasquale Zanzi) che ha già al suo attivo belle pagine di azione cospirativa. Poichè il restante del territorio è tranquillo, la provinciale sola appare un campo ancora fertile di possibilità, l'unico che forse potrà richiedere qualcosa di più del posto di blocco; nè sbagliano.

 
 

Sin qui però -- è circa mezzanotte -- niente di nuovo: i soliti fermi di macchine, qualche disarmo più o meno pacifico; nient'altro. Senza la preoccupazione pei lontani tutto andrebbe anche troppo liscio. A turno gli uomini si recano al rancio, a un po' di riposo. Sul crocicchio stanno i serventi della mitragliera con altri del blocco, lungo i ciglioni gruppetti sparsi e nascosti. Nottataccia: a intervalli piove.
A un tratto rombo di motori sulla discesa che vien da Barzago.
I primi a distinguere di che si tratti sono tre che hanno preso posizione un po' in su lungo il declivio: Francesco Giovenzana, Giovanni Preda e Carlo Zappa. Scorgono un'auto seguita da un camion. Senza pensarci un attimo si fanno sotto con bombe a mano e pistole a dare l'alt.
Quelli sparano. Energica replica dei tre che riescono a ferire gravemente un ufficiale nemico. Ma le forze avversarie sono tali che tre uomini non possono sperare di averne ragione; resistono tuttavia anche quando alcuni fascisti li circondano per catturarli. Ma ritirarsi non possono per la fittezza del fuoco incrociato; la resistenza diviene follia: bisogna arrendersi.
Fatti salire sul camion, vengono uniti al s. ten. Degli Occhi e ai suoi, e legati insieme al posto di supplizio. Sono convinti di morire; Zappa si rivolge a Giovenzana: -- Hai fatto male a comprare la bicicletta proprio ieri: dodicimila lire buttate via. --
Risponde l'altro: -- Che farci? La venderà mio padre. --
Convinti di morire, ma lo spirito non cede.
Interrogatorio: altri partigiani sulla strada? Quanti, dove? Giovenzana risponde: -- Non c'è niente; siete voi che avete paura.
Poco persuasi riprendono però la marcia; la discesa è quasi al termine. Minuti che sono secoli, sottolineati dal ronzar del motore e dal fruscio delle gomme sull'asfalto bagnato.
-- ALT!
Una parola minima: l'inizio dell'inferno.
Da bordo i puntatori fascisti rispondono con tutte le armi pesanti e leggere mentre altri si prodigano coi pugnali e baionette addosso ai prigionieri nel sadico affanno di farli star ritti. I margini della strada che sembravano inerti nella loro ombra di bosco, improvvisamente si mettono a vomitare ferro e fuoco; davanti, la mitragliera comincia sua volta la sua canzone di morte -- e la scia luminosa dei suoi traccianti, della morte fa visibile il volto che arriva, piomba, fulmina... Attimi di disperazione.
Incuranti d'altro, i prigionieri si gettano sul fondo del camion che crepita e si squassa sotto i colpi; con percosse e minacce li fanno rialzare ordinando che gridino i loro nomi perchè cessi la tempesta micidiale. Gridano, disperatamente. Non li sentono; i colpi infuriano; molti fascisti cadono ed i gemiti si mischiano agli scoppi. Ancora gridano. Il fuoco rallenta, cessa.
Quelli di Bulciago hanno udito; non i serventi della mitragliera assordati dal loro stesso fuoco, ma altri piazzati fuori dal crocicchio, Roda, Rovelli, Isella che sono i garibaldini di Renate. Si precipitano giù; la mitragliera spara sempre. -- Non sparate siamo dei vostri! -- L'urlo angoscioso si perde nel frastuono. Sul camion uno è in piedi a braccia aperte. Dal margine della strada si grida: -- Fatevi riconoscere! --; qualcun altro dunque ha udito, sa che sulla macchina tragica ci sono dei patrioti, forse, che non bisogna, Dio santo, colpire. Ma la mitragliera non smette di tuonare. Roda arriva al crocicchio, urla: -- Cessate il fuoco! -- Non sentono. Dall'alto di Bulciago si grida: -- Sparate, son cani fascisti! --
Buio e fragore: le note dominanti.
Non si vede, non si distingue nulla: ombre confuse tra i piovaschi, suoni che si accavallano, senza provenienza nè meta certa.
-- Non sparate, siamo dei vostri! -- Seguono nomi, nomi noti dei paesi...
Finalmente il disperato ritornello è inteso anche da quelli della mitragliera; credere, non credere? Qualcuno ripete: -- Sono cani fascisti!
Quasi a risolvere la situazione, per proprio conto, la grossa arma s'inceppa. Silenzio. Qualche colpo ancora. Silenzio assoluto.
Sul camion gli ostaggi si cercano in viso. Tutti, ci son tutti! Ma è vero? Tutti: il miracolo è vero: NESSUNO E' STATO COLPITO. Il Dio dei patrioti è giusto.
Ma giù al crocicchio non sanno e disperano: "abbiamo ammazzato dei nostri". Il pensiero si smarrisce di fronte a questo orrore.
Frattanto, un po' più in alto sulla strada di Cassago, nello stabilimento dov'è la sede del Comando, il Commissario di Guerra Rivolta si è attaccato al telefono e chiama da Costamasnaga rinforzi che scendendo al crocicchio per la comunale di Bulciago potrebbero battere il fianco destro della colonna fascista; da Casatenovo a Barzanò altri rinforzi che ne prenderebbero il tergo arrivando dall'incrocio di Bevera. Giunge in quel momento una macchina con alcuni patrioti che sono andati a Besana a visitare il ferito Rabot; il Commissario vi si butta e senza nemmeno far scendere quelli che vi si trovano corre a Cassago e Renate a far affluire tutti quei partigiani, i quali potranno attaccare il fianco sinistro; prosegue poi per Villa Raverio e Besana, allo scopo di chiamare il grosso della 176 garibaldina di stanza a Besana (telefonicamente quei paesi sono fuori rete). Ma disgraziatamente appena fuori di Renate la macchina sbanda e va a fracassarsi contro una pianta; ne escono tre uomini malconci; il Commissario con una forte contusione frontale e sintomi di commozione cerebrale, gli altri con ferite alle spalle e alle gambe. L'autista, illeso, li accompagna dal medico condotto di Renate, presso il quale la sosta è inevitabile.
Laggiù al crocicchio è intanto avvenuto un fatto nuovo: i fascisti hanno mandato un ostaggio a parlamentare, con l'ordine di tornare pena la fucilazione di tutti gli altri prigionieri. Assuma informazioni sulle forze patriote in campo; se son poche riferisca ai fascisti, se son molte tratti, offrendo la restituzione degli ostaggi contro strada libera.
Roda che si trova avanti al crocicchio vede un'ombra muovergli incontro. Balza avanti, l'affronta: -- Che vuoi?
L'altro non parla. Amico, traditore, nemico? A buon conto gli dà due schiaffi: -- Parlerai adesso?
Parla, ma a stento. Altro schiaffo per accelerare il processo vocale; vengono frasi staccate ma finalmente comprensibili: il metodo è buono. E' un ostaggio, è mandato dal colonnello fascista, deve riferire sulle forze partigiane...
A sì? Roda spara grosso: siamo 200 qui, 400 di là, armi potenti...
-- Verremo a prenderli noi, i prigionieri. Va a riferirlo.
-- No, mi ammazzano.
E' un ragazzo timido, terrorizzato; non è certo un partigiano di vecchia data. Il suo smarrimento è umano, ma là sul camion diciannove uomini aspettano in ansia mortale... Roda gli punta l'arma addosso:
-- Va o sparo. Uno, due... -- Al tre il ragazzo fila come un lupo...
Non torna sul camion.
Ma forse i fascisti ritengono che sia buona cosa serbare gli ostaggi per servirsene in altra occasione, e non li ammazzano. Tengono consiglio. Dalla strada qualcuno grida: -- Arrendetevi, siete circondati da un battaglione.
Si guardano. Non credono, ma temono. Inoltre l'auto del comandante e il camion sono sfondati. Decidono di tornare sui loro passi in attesa di rinforzi e dell'alba che permetta di distinguere la verità.
In mancanza di mezzo di trasporto i prigionieri vengono fatti retrocedere a piedi, accoppiati e avvinti strettamente con corde, incolonnati in testa agli automezzi che si muovono a passo d'uomo. Sotto l'acqua, stanchi, doloranti e angosciati sono di nuovo all'incrocio di Bevera. Altri interrogatori, estenuanti e inutili. Fermi attendono.

     
 
Dante Ferrari
 

DANTE FERRARI
di anni 32
Nato a Torrile
Morto a Bulciago

 
 
Giuseppe Filigura
 

GIUSEPPE FILIGURA
di anni 27
Nato a Nibionno
Morto a Bulciago

 
 
Gino Fornari
 

GINO FORNARI
di anni 29
Nato a Traversetolo
Morto a Bulciago

 
 
Carlo Fumagalli
 

CARLO FUMAGALLI
di anni 20
Nato a Bulciago
Morto a Rovagnate

 
 
Ugo Fumagalli
 

UGO FUMAGALLI
di anni 18
Nato a Cremella
Morto a Rovagnate

 
 
Giuseppe Giudici
 

GIUSEPPE GIUDICI
Nato a Nibionno
Morto a Bulciago

 
 
Costante Giussani
 

COSTANTE GIUSSANI
di anni 32
Nato a Nibionno
Morto a Nibionno

 
 
 
 
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Irene Crippa
Renate Brianza, 6 novembre 1945
Editore originale: Stefano Pinelli - Milano
Trascrizione per Internet: Enrico Spreafico mail:sprea@libero.it