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I fascisti postano le armi; i prigionieri si guardano,
pallidi: è forse la fine?
Ma improvvisamente i mussoliniani escono dalle postazioni
lanciano grida di gioia: arriva al quadrivio un'altra
colonna tedesco-fascista forte di un'autoblinda. Fanno
comunella, decidono di forzare insieme il blocco di Bulciago.
Il comandante dell'autoblinda si fregia di una benemerenza
andando a percuotere il tenente prigioniero, subito imitato
da alcuni degni seguaci.
Si vantano di aver scatenato una battaglia coi patrioti
rimasti nelle campagne di Rovagnate facendo altri venticinque
morti e "finendo i feriti", fra cui "il famoso conte".
(Fra le molte fandonie anche i fascisti sanno dire qualche
verità. Hanno finito i feriti coi calci dei moschetti,
hanno preso a calci i morti: questa è la loro verità.
Non hanno ucciso il conte: questa è la fandonia del momento.)
Legati mani e piedi gli ostaggi vengono adesso gettati
in una corriera messa a far parte della colonna. Ripartono,
stavolta in coda; in testa è l'autoblinda. Di nuovo è
in vista Bulciago.
Bulciago dove l'aria è torbida.
Ritiratisi i fascisti, un tetro silenzio è calato, rotto
soltanto dallo stillicidio della pioggia e dal fruscio
del vento. Qualche gruppetto di rinforzi è arrivato: da
Cassago alla prima sparatoria, da Renate per la chiamata
del Commissario di Guerra... Il Commissario stesso, superato
lo stordimento della formidabile botta presasi nell'incidente
automobilistico, vuol ritornare sul posto della battaglia,
e si avvia a piedi sotto la pioggia... Dice che l'acqua
gli fa bene.
Appiattati qua e là, nell'erba scintillante, ancora gli
uomini attendono.
Al crocicchio si sono arrabattati per far funzionare la
mitraglia inceppata, ma inutilmente; Franco Isella ed
Egidio Besana che l'hanno servita con bravura, centrando
a perfezione il bersaglio (testimoni le due macchine fasciste
sfondate), devono abbandonarla. Il crocicchio ora è deserto;
Roda con Carlo Isella ed altri di Renate si sono portati
più in dentro, senza perdere di vista l'incrocio stradale.
E proprio in mezzo all'unione delle strade a un tratto
appare un'ombra.
Piegato in due e pistola alla mano Roda va ad affrontare
il nuovo venuto:
-- Mani in alto! -- Non si muove. -- Mani in alto! --
Niente. Roda guarda meglio, vede un viso orribilmente
pesto, labbra gonfie e lividi spaventosi. -- Chi sei?
Di dove vieni?
E' un patriota di Barzanò, il più anziano forse dei combattenti,
Angelo Camisasca, di 46 anni. Ha passato un'avventura
non comune, ed è miracolo se è riuscito a trascinarsi
fin lì. Appostato da solo in una buca di riparo antiaereo
circa trecento metri a monte del crocicchio, ha visto
la colonna fascista arrivare e far fuoco, subito controbattuta
dalla nostra mitragliera. Ha sparato a sua volta mirando
alle gomme degli automezzi e causandone lo scoppio. Aveva
12 caricatori, li ha consumati: sette fascisti sono caduti
davanti a lui. Rimasto senza munizioni si è appiattato
nella sua buca e probabilmente l'avrebbe passata liscia
se l'invocazione di un patriota ferito e poco distante
non l'avesse indotto ad uscire dal riparo per porgere
soccorso. Preso da una scarica si è buscato tre pallottole
in un braccio. Aveva ancora la rivoltella efficiente;
l'ha estratta, ha sparato fino ad abbattersi esausto;
investito da un'altra raffica e colpito all'altro braccio
e al torace, è stato avvicinato da tre fascisti, fra cui
un ufficiale, che pretendevano di ottenere informazioni
da lui mezzo morto. Naturalmente ha taciuto, ed allora
l'ufficiale ha ordinato di "farlo fuori", obbedito prontamente
da un milite che ha sparato a bruciapelo sul viso del
caduto. Ancora presente a se stesso il Camisasca si è
finto morto dando così maniera ai fascisti di compiere
una brillante operazione di rapina: il portafogli se ne
va. Poi calci e percosse col fucile, e il lavoro è fascisticamente
condotto a termine.
Ma della lunga e complessa odissea soltanto qualche frase
mozza esce ora dalle povere labbra torturate di "Angiol".
E' sfinito; lo trascinano al comando quasi di peso, lo
medicano... Domani quanti saranno i feriti? E quelli che
non torneranno?... Niente, non bisogna pensare.
Freddo. Piove.
Arrivano da Besana 7 uomini con una mitraglia pesante.
La piazzano in modo da battere il crocicchio. Si aspetta.
Schiarisce un po'.
Improvvisamente si scatena un fuoco infernale. Sono tornati
i fascisti: è il loro saluto all'alba.
Senza esitare i patrioti rispondono dai cigli della strada
e dalle altre postazioni; la mitraglia pesante entra in
azione suscitando le bestemmie dei mussoliniani, ma presto
è messa a tacere da un colpo. La situazione si fa critica
per i partigiani, troppo pochi e ormai scarsamente armati,
mentre gli avversari sono fortissimi: l'autoblinda non
scherza.
A poco a poco l'eroico fuoco dei difensori rallenta e
tace sopraffatto. Le posizioni
vengono arretrate, mentre i fascisti scesi dalle macchine
dilagano risalendo le strade
laterali.
E gli ostaggi? Per il momento i repubblicani hanno altro
da fare perchè corre voce che uno dei capi feriti nella
notte -- probabilmente da Giovenzana, Preda e Zappa; il
colonnello Petti era stato colpito a Rovagnate -- stia
morendo. I fascisti sono furenti e ad un tratto si ricordano
ancora dei prigionieri: li fanno scendere dalla corriera,
chè poi una delle due di Malgrati andato a prenderle avendo
dato parola di tornare, come effettivamente aveva fatto...
dopo aver manomesso le due macchine che ora non funzionano.
Slegati gli ostaggi vengono incolonnati a due a due...
Le percosse infiorano la marcia.
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CARLO LOCATELLI
di anni 37
Nato a Barzanò
Morto a Rovagnate
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ARISTIDE MAGNI
di anni 23
Nato a Carpanea
Morto a Bulciago
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EZIO MAGNI
di anni 22
Nato a Barzago
Morto a Rovagnate
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ERMINIO MAURI
di anni 25
Nato a Lurago
Morto a Lurago
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Cap. ITALO MORO
di anni 35
Nato a Milano
Morto a Nibionno
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